L’anno nuovo cominciava sempre il giorno prima, almeno, e qualche volta anche due giorni prima. Quando si compravano le munizioni.
Quelli del secondo piano scambiavano informazioni e tiravano sul prezzo con l’ambulante, su “candele romane”, “venti di guerra” e “tuoni di mezzanotte”. Non erano trattabili, ovviamente, il “razzo lucifero” e la “bomba kamikaze”.
Emiliano Zapata, ovvero il cugino Bartolo, portava in giro le sue cartuccere da trecento pezzi fino dall’antivigilia di Natale, e li vendeva negli angoli, senza porto d’armi: “barrage 120” con botto e scenografia, razzi “Soviet” a decollo verticale e un assortimento di “supermagnum” con minimo tre grammi di polvere da sparo, che sennò nemmeno si sente.
I cugini più grandi non dicevano niente, e assaporavano il peso pieno delle “cipolle”, 125 grammi precisi di esplosivo a basso potenziale confezionato nella plastica (che oramai il cartone pressato non lo voleva più nessuno) e con la miccia legata stretta ad almeno dieci giri, gialla e compressa come una tigre che aspetta nell’ombra.
Loro non avevano il permesso, ancora, d’aprire la vetrina delle armi, dove riposavano, a canna in su, i fucili di famiglia. E pochissimi di loro sapevano altre cose, cose di armi seppellite nella terra fresca, brune e abrase e deposte come delicati semi di guerra.
E poi, tutti cercavano i modi più propri, per arrivare a mezzanotte: spilli, capretto ripieno di capretto, rancori familiari sott’olio e sotto sale, litigi aggrovigliati negli angoli e intermittenti come luci, roncole, biglietti amari scritti con inchiostro selvatico e succo di prugna, sgarbi, fiati pesanti. In tasca, nel cuore, appesa alla cintura o alla fondina, chiunque aveva almeno un’arma, un segreto, un modo.
Si sorridevano, lungo la tavolata, con i canini luccicanti.
E sì che c’erano anche olive ripiene, giambotta di melanzane, pauro murato nel sale, lenticchie rosse e un’eternità di fichi secchi mandorlati.
Alle undici e trentacinque passò la barca a prenderli, come ogni anno.
Si sistemarono ondeggiando, i giubbotti stretti e abbottonati al collo, i cappelli calati fino agli occhi: visti così, nella barca, non si sapeva proprio chi erano i vecchi e chi i nuovi. Erano tutti giovani, eccitati dall’odore d’olio e di ferro. Erano tutti vecchi, e l’avevano fatto mille volte, come ogni cosa.
Nel centro dello Stretto l’aria era così pulita che le sponde si toccavano la fronte, casa per casa. Le navi traghetto erano immobili, i fianchi larghi fermi e ancorati, e pure loro aspettavano. La luna s’era assentata brevemente, o osservava da dietro il velo, gli occhi come fessure.
Eccoli.
Tutti e due, l’anno nuovo e l’anno vecchio. Pure loro difficili da distinguere, nel nero della notte. Volavano vicini, le grandi ali di falco spalancate, i becchi appuntiti sulla faccia d’angelo. I corpi pieni di nervi si tendevano, e non si capiva bene quale fosse dei due quello così vecchio da dover morire proprio quella notte lì, precipitando nel mare liscio e freddo e piatto come uno specchio.
Quando furono proprio nel centro dello Stretto, la mezzanotte partì come un’onda dai due lati opposti, dall’altopiano dell’Aspromonte che vegliava basso e coperto di nuvole e dal corpo di selce dell’isola triangolare, o forse dai suoi vulcani sprofondati. Un’onda nera che fece un rumore impressionante, coperto – per fortuna, come avveniva ogni anno – da un clamore d’esplosioni.
Dalle sponde, dalla barca cominciarono a tirare sui falchi in volo: doppiette, canne mozze, fucili caricati a lupara. E anche mortaretti, mezzebotte, track con tronetto. Razzi cinesi, a cuore rosso, o giallo a colpo forte, mortai a sei colpi con base in legno. Raudi, mephisto e colibrì a scoppiettìo. Zeus a detonazione forte e cobra con la miccia. Una magnum sparò un colpo isolato, un kalashnikov di vecchia fabbricazione disegnò in cielo peonie, pesci , uova di drago. Un tintinnìo di bossoli si poteva sentire appena, dietro e sotto i boati.
Una delle due sagome in volo s’impennò di colpo, chiuse le ali muovendo un’aria torbida e precipitò a cerchi larghi, lenti nello Stretto.
L’altro non si voltò nemmeno, un attimo dopo era sparito.
auguri a tutti noi, che siamo in volo di notte, e ci tirano sempre addosso, quei bastardi.