Achille, detto Akill, detto Akill Bill. Ammazzali tutti, Bill, diceva ogni greco dabbene, ché Achille era il loro campione di lotta acrobatica, calci di rigore e uccisione di primogeniti.
Akill Bill, proprio lui, che secondo leggende invidiose era bello come una fanciulla, tanto che sua madre l’aveva nascosto in un collegio femminile, per sottrarlo ai guerrieri che lo cercavano per mari e per terre. E lui, che aveva il broncio e le trecce bionde, era quasi più bello di loro, dico le fanciulle.
Poi, però, era più micidiale di loro, dico i guerrieri, e persino più testa di cavolo di Agamennone, che non è poco.
Poi Akill Bill, che in gioventù aveva preso lezioni di kung fu con la spada da Filottete e forse pure da Bruce Lee, si fa avanti e li ammazza tutti. No, scusate, quello è Tarantino.
Dicevamo.
Dunque, Akill Bill sbarca in Normandia con cinquanta ultras Mirmidoni, e prende da solo tutta la spiaggia. Piovono frecce infuocate, arriva la cavalleria, arriva Ettore, mentre i rinforzi tardano perché – come dice Ulisse – "Nelle guerre, meglio esserci alla fine, che all’inizio". Ma Akill ce la fa da solo. No, scusate, quello era il soldato Ryan.
Allora, Akill Bill guarda con l’occhio ceruleo il tramonto di fuoco sul mare d’Asia e dice: "Io sparo a tutto quello che si muove, che cammina, che respira. Io sparo a uomini, donne e bambini". No scusate, quello era Clint Eastwood.
Dicevamo, dunque. Ah, c’era pure Legolas, quello del Signore degli Anelli, che qui fa Paride e solo verso metà film capisce che la stirpe non si tradisce. Infatti ricorda di essere stato un elfo, e quando impugna l’arco le cose si mettono decisamente meglio: centra il tallone di Akill Bill (e dire che il suo maestro, Elrond, glielo diceva sempre: mira alle parti vitali…) e l’Iliade finisce. No, scusate, quella è già l’Odissea.
Comunque Legolas non si sentiva solo, perché Boromir – il figlio del sovrintendente di Gondor, quello che voleva prendere l’Anello a Frodo, perché tanto Frodo era piccolo e nero – fa Ulisse, e infatti è sua l’unica battuta decente del film (“La paura – spiega l’astuto Ulisse all’incazzato Akill Bill – è utile”)(che manco Condoleeeza gliele dice, cose così profonde, a Bush quando giocano assieme a Troiani e Achei).
Anche le scene dell’assedio di Troia, per esempio. Tali e quali alla Battaglia del Fosso di Helm. Ma quello è Tolkien, scusate.
A parte che, poi, di orchetti non se ne vede nemmeno uno, eccetto forse Menelao, che – e qui è un colpo di scena che avrebbe fatto sobbalzare pure Omero – viene ucciso nel secondo giorno di guerra, da Ettore in persona.
Un poco orchetto – un Uruk Ai di Saruman – pareva pure Akill Bill: Legolas-Paride continua a trafiggerlo, perché persino lui riusciva a centrare un bersaglio immobile a tre passi, e Bill niente, si strappa le frecce e lo guarda fisso negli occhi da signorina.
Mancava, questo è vero, Gandalf. Perché, con tutta la buona volontà Peter O’ Toole mica ce la fa, a fare lo stregone bianco. Bello, però, da Priamo. Con quegli occhi azzurro glaucopide, e quella perfetta testardaggine da vecchio: non ascolta mai i consigli di Ettore, che non fosse per la faccia da Aragorn sembrerebbe Bruce Willis quando ha ragione ma non lo ascolta nessuno.
Priamo non ascolta nemmeno Paride, quando dice l’unica cosa sensata del film: “Bruciamolo”. Del cavallo, si capisce. Invece no. Pure la ola, gli fanno.
E grazie che di notte i Greci escono fuori e chi s’è visto s’è visto. Altro che l’importante è partecipare: tutti passati per le armi. Tranne Andromaca, che fugge con Astianatte, il quale invece di essere precipitato dalle mura in fiamme diventerà modello e farà la pubblicità per la Mellin. Tranne Elena, che invece di risposarsi con uno dei fratelli di Paride, tale Deifobo, e poi tornare pentita con Menelao – perché, diciamolo, era proprio troiana nel sangue – scappa pure lei. Tranne Briseide, che uccide Agamennone, lasciando Eschilo con un palmo di naso: altro che Orestea. Tranne Enea, che vabbé che Priamo ed Ecuba avevano cinquanta figli e Paride era psicolabile, ma nemmeno ricordarsi che è suo cognato… Mentre coraggiosamente Enea scappa, col padre sulle spalle e il figlio per mano (ma fingendo di perdere la moglie per strada, per il troppo traffico), Paride lo incontra e gli fa: “Scusa, ti chiami?”. E lui, pensando “Meno male che è Paride”, risponde sollevato: “Piacere, Enea”. E scappa, con la Spada di Troia, in direzione Roma Orte.
In definitiva, mi è mancato un poco Sauron, e pure Gollum, in fondo, anche se Agamennone era competitivamente viscido. Un politico nato, un presidente guerriero: "Vi prometto un milione di posti di lavoro": tutti a remare verso Troia.
Bello però quando, sulle mura in fiamme, dice: "Adoro l’odore del napalm all’alba. Sa… sa di… vittoria". Ma no, quello è Coppola, scusate.
Bravi, però, bravi tutti. Bravo Omero a fingere di essere cieco e sordo, anzi morto, anzi nemmeno esistito, per sicurezza. Bravo lo sceneggiatore, a fingere di non esserci, specie nei dialoghi. Bravo Biscardi, quando dice – per bocca di Nestore di Pilo – che “Il morale di Achille è basso”, e suggerisce di curare di più lo spogliatoio (tanto che Patroclo lo ascolta, e si frega la maglietta di Akill Bill, con tutti gli scudetti). Bravi i parrucchieri, che sostengono la parte più eroica del film: fare le treccioline ad Agamennone. Bravo il coreografo, per il balletto Akill Bill- Ettore: l’unico dialogo sensato del film è quello delle spade che si toccano con voci di metallo.
Bravi noialtri, a fare il tifo. E a mettere due monete d’oro sugli occhi, all’uscita. O forse no: molto, molto prima.
insomma, a chi stasera si vedrà Achille secondo Hollywood. Ma Hollywood di oggi.