"Pronto soccorso, dica…".
"Buonasera… mi scusi… ma è un caso urgente…".
"Sintomi?".
"Tremore, vertigini, profondo abbattimento… perdita dell’equilibrio, sudorazione delle mani…".
"Le pupille?".
"Mi sembrano dilatate… lo sguardo è vacuo… ".
"Da quanto non assume la sua dose?".
"Mah… saranno tre settimane… ".
"Allora la cosa è seria: crisi d’astinenza severa… arriviamo subito, signora… ".
La donna riattacca il ricevitore, si volta verso la figura semisdraiata sul sofà: "Dai, resisti, stanno arrivando…". Si china a detergere la fronte madida, coglie un barlume di sorriso sul volto stremato.
Pochi minuti dopo suonano alla porta.
"Eccoci signora, dov’è la paziente?".
"Lì, sul sofà".
"E’ pronta per il trattamento?".
"Stavo allacciandole le scarpe… ".
"Facciamo noi, stia tranquilla".
Con gesti asciutti e professionali gli infermieri preparano la stanza.
"Esca, signora, ci lasci lavorare".
"Ma non posso… assistere?".
"No, mi spiace. Questioni di privacy".
Si volta e lascia la stanza, una smorfia di disappunto sulle labbra.
Il primo infermiere fa scattare qualcosa, lo sportellino d’un lettore. Il display s’accende, onde colorate si muovono sinuose. E’ Pugliese. La Yumba. Il ritmo pulsa come un cuore.
La donna sul sofà ha un gemito soffocato.
Il secondo infermiere la afferra, la solleva, la stringe in un abbraccio medio, le teste a contatto in un punto preciso, la mano destra di lei, molle, priva di volontà, che si rianima appena nella mano di lui. I piedi cominciano a muoversi lungo la musica, un filo tiene tutti e due lungo un asse che finisce nel lucernario della soffitta, sulla luna o chissà dove altro. E’ una camminata, lineare e ritmica, con l’accento che li anticipa e li attende sul primo e il terzo tempo: la donna fa un respiro profondo, la punta del cuore le solletica la gola. Il sangue torna ad affluire sulle guance spente.
Camminata, un ocho atràs leggero, lei entra nelle anse infinite, va via e ritorna, e ancora. Lui la stringe appena: è la musica a tenerli assieme, a modellarli l’uno per l’altra, a creare i pieni e i vuoti, lo spazio intorno, il percorso dipinto con qualche argento invisibile sul parquet.
Armoniche invisibili salgono e scendono, e regolarizzano il battito di lei. Il sistema simpatico e parasimpatico reagiscono al quattro quarti, al respiro d’acciaio dolce del bandoneon. La melodia si nasconde, compone essa stessa un ocho atràs infinito, va e ritorna, e ancora.
Gli occhi della donna ora cominciano a brillare di luce propria: il principio attivo, quello che chiamano col nome intraducibile di “yumba”, si diffonde lungo le vie del sangue, risale i ricordi, i polpastrelli, le guance, entra nelle iridi, tocca i lobi, dissipa le malinconie, aizza i desideri, s’addensa nell’ombra delle ciglia, nella fossetta del giugulo, nella linea dei fianchi e delle reni. Invisibili anticorpi – un lunfardo del pentagramma – si diffondono a intervalli regolari, e ora la donna è forte abbastanza: un giro, una sacada. Entrano a tempo i battiti, i tacchi, le intenzioni, i tasti bianchi e neri, l’assenza reciproca che va e torna, come un ocho atràs dell’anima.
La musica fluisce, la donna respira. Lui le sente il polso e le comanda subito un voleo. Lei esegue come se ne andasse del concetto di volo, di tutta la leggerezza interrotta del mondo.
Quando la musica finisce l’ombra torna a posarsi nuovamente, lieve, nel tinello. Pugliese s’aggiusta gli occhiali sul palco del teatro di Buenos Aires, a centomila chilometri e un secolo da lì.
"La crisi è passata: sta bene, adesso".
"Ma… un’altra dose… magari una milonga…".
"Signora, ci scusi, ma abbiamo molte chiamate questa sera: la milonga un’altra volta. Ora stia tranquilla… è fuori pericolo".
Cambiano le scarpe ed escono in fretta.
La donna sospira forte e siede sul sofà. Il piede destro batte ancora un piccolo pique.
In verità, ho sempre desiderato un Pronto soccorso tanguero, copertura h24. Li vorrei chiamare quando sono in astinenza pesante, quando il tango scarseggia e il voleo non galleggia, quando l’ammorbo infuria, il bailarin manca e sul ponte sventola milonga bianca. Loro vengono lì, ti portano un tango d’emergenza a domicilio, e tu puoi respirare: protocolli di base con Di Sarli, o Pugliese quando è necessaria la rianimazione. E milonghe nei casi disperati (lo sanno tutti che “Morena” risveglia pure i morti).
Una bella ronda della ronda, che semina ochos di pace e sanità mentale nei tinelli, negli androni, sui parquet. Un Tangueri senza frontiere, un’Emergency da fare invidia a Gino Strada.