Si è troppo parlato – in questi giorni – di donne, e di otto. E io che mi rigiro da nove mesi questo sasso nel cuore ora sono qui ad attendere che l’otto diventi nove, scorra via. Nove mesi fa è morta mia madre, mercoledì otto giugno, alle cinque del mattino.
Il mercoledì ha delle ceneri, dentro, e questo lo so da sempre. Ceneri gialle come la mimosa triste che era nel giardino della casa al mare, e che mia madre detestava. C’era una guerra, tra lei e la mimosa. La mimosa pioveva, spandeva il suo odore dolciastro, allargava nel buio le sue radici sotto la casa, meditando di sollevarsi di colpo e sradicarci: ne percepivamo il disegno da certe crepe nel vialetto, e dall’inclinazione dello stipite. Mia madre le diceva cose crudeli, non si sentiva minimamente obbligata dalla sua soffice iconografia, dalla sua aria perennemente celebrativa, dalla sua finta innocenza. La mimosa ricambiava quell’odio, e spargeva ceneri profumate che non si cancellavano mai.
Il nespolo, di fronte, non partecipava alla contesa: s’estraniava in una sua certa aria orientale, e nella dedizione al dovere di albero da frutto. La mimosa, invece, era diabolica: non aveva altro scopo che ornarsi, e infastidire mia madre.
Lo vedevamo che non c’era scampo. Mio padre, che era uomo di pace e non capiva appieno il linguaggio delle piante e delle cose, si limitava a contenere i danni. Uomo pratico, raschiava i quadrati di cemento del vialetto e seminava con cura il prato inglese nelle intercapedini. Lo trovavo così dissimile da me e da mia madre da indignarmi con lui, e ora che semino prati inglesi e raschio sentieri – col suo stesso amore del particolare, la sua comprensione degli angoli minimi, la sua intelligenza delle mani – percorro la nostra somiglianza come un paese conosciuto eppure distrutto, dove mi fermo a piangere ad ogni passo.
Così, quando lei gli disse: “potala”, con le labbra strette e gli occhi vermigli, lui potò serenamente la mimosa. Io li guardavo dall’alto, e non sapevo per chi parteggiare.
La mimosa divenne un tronco nudo, al quale mia madre appendeva cappelli, pentole e la gabbia del canarino. Detestavo quel modo di vendicarsi che aveva, e sottilmente lo temevo. C’era un cuore di rabbia e furore dentro di lei, vecchissimo, e capace di incenerirci tutti. Quasi come la mimosa.
La vendetta non durò poi a lungo. Mio padre le disse che ci voleva un altro albero, e per un giorno intero strapparono le radici interminabili e tenaci della mimosa, che si era spinta fin dentro al cuore della montagna, fin dentro il mio amore annodato e mascherato di insofferenza, fin dentro al cuore duro e antico di mia madre, fin dentro i tramonti drammatici d’agosto che dipingevano fiamme vive su tutte le cose. La guerra finì, e loro comprarono una tamerice, così esile e silenziosa, così salina di indole che non ci diede mai più pensieri.
Io m’affacciavo, e avevo un bel dire “tamerici salmastre ed arse”, lei non rispondeva. Mia madre allora sorrideva il suo sorriso feroce e interamente vivo, di quella vita vorace che si fa beffe dei nomi, e spinge profonde le radici come se non dovesse morire mai, e lottare sempre.
Ecco perché odio le mimose.
la mimosa coi cappelli e la pentola appessa e la gabbia del canarino mi ricordò l’attaccapanni nell hall della mia sicanalista. Lo guardai durante anni, un palo e una gabardina floscia e nessuno dentro. Senza basco. Tipo appendepasseri
bellissimo
prima :mi capitò nei giorni scorsi il link citato:))
adesso : mi è un po’ spiaciuto per il tronco nudo, io adoro l’arroganza del profumo che emana la mimosa, così come mi piacciono i mondi che apri raccontando.
odiare una pianta…. difficile ma possibile, è accaduto anche a me con una piccola cicas, ma è una storia lunga. Anch’io uccisi la cicas ma questo atto grida vendetta in me come se avessi ammazzato un cristiano…ciao
si comprende come la sua sia famiglia di donne straordinarie e impossibili.
Solo un uomo di pace e di pazienza (con limiti a entrambe le cose, suppongo) poteva resistervi.
(chissà cosa saremo, noi, ai nostri figli)
Ma in questo abbraccio elegante, oltre la soglia e le vicende della vita, le tue parole celebrano, direi, ben al di là e al di sopra dell’odio, la fusione inestricabile, comunque e quantunque, di pianta, donna, sasso e radice. Un inchino, il mio solito, Brioche
el mi Mose el serve para no far fondar Venexia, ciò.
mi dai sempre i brividi. non so come ringraziarti.
La mimosa, poi, è quasi più un animale che una pianta: ho passato non poco tempo ad accarezzarla foglia per foglia per vederle chiudersi e rispondermi.Le due che ho avuto, comunque, mi erano state regalate dalle persone sbagliate: per questo sono morte.(Mi è capitato di odiare solo azalee, comunque, e qualche garofano e gladiolo: non riuscirei mai, penso, ad odiare una pianta che abbia un tronco)
ecco, appendepasseri è una parola bellissima. solo Llu poteva saperla.
blulu, i mondi si aprono e a volte si chiudono, e ci lasciano fuori (lunedì seminario di adornos, non vedo l’ora).
palommella, io non riuscirei ad ammazzare nemmeno la gramigna, per la verità. ma mia madre apparteneva a un mondo diverso, di predatori e strane uguaglianze.
Herr Effe, non è detto che abbia resistito… (noi ai nostri figli… non voglio nemmeno pensarci… quello che seminiamo come diamanti ci tornerà in carbone, e viceversa)
pianta donna sasso e radice, sì, fuoridaidenti, questa è una definizione assoluta, per mia madre. grazie.
beneforti, il mi mouse invece?
brezza, ci sono memorie da cui uno deve liberarsi, certe volte. io avevo visto troppe mimose, ieri. è una cosa terapeutica.
sphera, non so se bastino davvero, o servano a qualcosa, le distinzioni in piante, animali, uomini. forse sono altre, le cose: ciò che ha un tronco, per esempio.
Mi sembra che hai tutte le ragioni per odiarla, la mimosa. Spero che nessuno ieri te l’abbia regalata, o offerta. Ne avresti fatto strazio.
Ho conosciuto tardi l’albero della mimosa, che da bambina amavo come fiore per la sua morbidezza di pulcino o piumino di cipria forse, e perché lo portavano gli studenti sul cappello universitario nei giorni della loro festa qui a Padova, l’otto febbraio.
Mi stupii quando seppi che si trattava di albero e non di cespuglio. Avevo immaginato crescesse in cespugli soffici e piumati in cui si potesse affondare, invece vedevo un albero striminzito, privo di una chioma degna di chiamarsi tale: un albero da nulla, incapace di fare ombra, sproporzionatamente misero rispetto ai fiori, talmente misero da impoverirli e renderli comuni e deludenti per contagio.
Ad ognuno le sue mimose… io invece la mimosa la amo “a prescindere”, perchè è bella e ha sempre fretta d’arrivare prima della Primavera; la mimosa più amata (risale alla mia adolescenza in campagna) fioriva a Febbraio (a volte fine Gennaio) e quel giallo soffice consolava i mie isolati pomeriggi grigio-umidi a tradurre dal greco… bastava alzare gli occhi e sorrideva la mimosa, di più, s’inclinava a farci salire… a starci su, a proporre sempre – alla bisogna (qualsiasi bisogna)- un’altra prospettiva del mondo. Ha accolto stuoli di zii e cugini bambini per quarant’anni, quarant’anni di foto. Quando morì, lo decise un fulmine o una tempesta, non ricordo… si chiuse un ‘era. Dopo che se ne andò, nessuno fece più bambini.
Io comunque tua madre, non l’ho vista, ma l’ho conosciuta comunque, in vestina gialla, di un giallo che immaginai “mimosa”
🙂
O.T.
Lezione di “adornos” confermata per lunedì prossimo ore 21.30.
e poi le mimose – oltre tutto, oltre anche il tuo personale tutto – hanno obiettivamente un pessimo odore
tutto quel giallo dal profumo intenso che diventa presto puzzo insopportabile ad alcuni porta allegria, altri cominciano a impollinarsi e sprofondano nella prima allergia
(a me piace vederle sugli alberi, da lontano; come un incendio o l’occhio di un uragano)
tutte le indicazioni per concretizzare il nostro impegno: clicca sulla gif!
splash!
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Le piante odiate poi cercano di vendicarsi, ti dico io.
Io con gli anni ho accumulato odio verso gli oleandri nel mio giardino; non li avevo piantati io, ce n’erano lì troppi.
Fidandomi piantai un olivo nei pressi e loro lo fecero crescere tutto storto, opprimendolo, ché son piante velenose e bastarde.
Ora man mano, metodicamente o le spianto o le poto brutalmente.
Quando lo faccio loro mi pungono, mi tagliano col bordo delle foglie, mi impuzzoniscono con esalazioni venefiche che poi sto male per 24 ore.
Li ho quasi stermiati però.
Dicesi che la sconfitta subita da Napolenone a Waterloo sia dovuta anche agli oleandri, in quanto gli eserciti napoleonici, alla vigilia, avrebbero acceso numerosissimi fuochi da campo con legna di oleandro trovata sul posto, su questi medesimi fuochi avrebbero rosolato carni che si sarebbero avvelenate per le esalazioni.
Migliaia di soldati napoleonici avrebbero avuto brutti sintomi di avvelenamento con dolori e diarree e non sarebbero stati in grado di affrontare il combattimento.
Strano, ma molto probabilmente vero.
MarioB.
Ti lascio un sorriso umido.
giorgi, ne ho la casa piena, in verità. ma non si rifiutano mai, i fiori.
arden, un albero egoista, che non poteva dividere il territorio con mia madre.
farolit, la mimosa è presciarola, e questo forse è il suo vero pregio. (non vedo l’ora, degli adornos)
Flo, è un odore ambiguo e che si corrompe presto.
aitan, da lontano quasi tutto è sopportabile, e qualche volta persino bello.
gli oleandri sono pessimi e vendicativi. quel rosa che portano addosso, quel bianco, sono ingannevoli.nella casa al mare c’era anche una cintura d’oleandri, attorno al condominio: denunciava ostilità e separatezza, in effetti.
Hidden, lo raccolgo con cura.
magnifico. eh, le radici.
leggerti è come stare allo specchio non so non ho altro da esprimere in questo momento. tumiturbi…
…scusate il copia incolla…ma si tratta di un sondaggio che voglio rivolgere a tutti i miei link…e non solo…giusto per conoscerci …vi chiedo di votare e se vi va anche di commentare…lo scritto che tra quelli presenti sul mio blog…vi è più piaciuto…se c’è ovviamente…altrimenti come non detto…vi ringrazio…sin d’ora…per la partecipazione…e vi abbraccio tutti…butterfly
Il tuo racconto, come al solito, è bello.
Però non posso che avere simpatia per le mimose. Il loro colore grazioso e il loro profumo fresco, che annuncia la fine dell’inverno.
Struggente. Mio padre era in perpetua lotta con una magnolia.
Dimmi una cosa, o briochina,
ma voi al Sud, in questa bella sicilia avete due tipi di mimose: una gialla ed una rosa?
Io una volta delle volte me ne stavo un poco a Bagheria e tutte i dì mi guardavo una mimosa rosa nel cortile di Franco l’albergatore,
il quale ad essa voleva bene,
io la osservavo stranito ché mai una ne avevo vista, una abitando io presso il circolo polare artico.
Per compensare questa mia stato di straniazione mi metteva in tavola certe paste e certe pesci che caddi in una situazione mentale e fisica bengodesca assurda e della mimosa più non mi interessai.
Marius
O.T.
Mi scuso per i saluti frettolosi di ieri, non è il mio stile, solitamente son più socievole ed educata; ma erano le due e temevo che la milongante combriccola di “tiratàrdi” mi risucchiasse in strascichi di albeggianti cornetti … in onore a Javi e alla faccia di fratello Sonno!
Mi trattenevano già da un’ora, (vampiri!) … mentrel’amica L. che mi riaccompagnava (e che all’andata avevo già fatto aspettare 40 minuti sotto casa) scalpitava d’andarsene.
Così ho tagliato corto, mentre mi sarebbe piaciuto tanto un commento “a caldo” della mitica Brioche alla sua prima milonga (ricordo che la mia prima milonga – sei anni fa – fu tremenda, traumatica, quasi deludente, quas… ), ma ieri non era serata, troppo casino, troppa gente… di solito non è così ; colpa di Javier! è una specie di richiamo, di collante assoluto… ma appena parte ci rilivelliamo, rimarranno gli autonomi, quelli che il tango lo tangano sulle loro gambe… pochi ma buoni e so che ci sarai.
🙂
ai padri piacciono le mimose, alle madri meno perchè, forse, sporcano il terrazzo. Oggi sono andato in campagna, ho raccolto alcuni rami di acacia vera, detta da mio padre mimosa, e glieli ho portati lì dove dorme da un anno. pioveva, oggi.
chau,a.