Un dito, il mio primo amore m’aveva tagliato solo un dito. Non era troppo.
Lui era un caro ragazzo con la frangetta, mani da suonatore di chitarra e pochissime pretese. S’era accontentato d’un mignolo. Io avevo aperto la mano – la sinistra – sul tagliere, e lui – che era emozionato: anche per lui era la prima volta – aveva sollevato la mannarina, tutta nuova e luccicante. S’era fermato solo un attimo, e una domanda era passata, leggerissima, nei suoi occhi nocciola: non sarebbe stata più opportuna la destra? Per una volta, forse l’unica della mia carriera di femmina e lettrice di scritture sgrammaticate degli occhi, di domande impossibili e di geroglifici dell’anima, ho ignorato la domanda, e ho aperto ancora di più le dita sul legno grasso del tagliere.
La mannarina ha fatto un breve volo curvo e scintillante, s’è abbattuta con un rumore sordo.
Il dito c’ha messo quasi due anni, poi, a ricrescere. Ora nemmeno si vede, la cicatrice.
E dire che, in quegli anni, ce le confrontavamo fra noi: guarda, da me si vedono i punti; la mia è più grossa, e scavata; sì ma a me ha preso anche l’altra falange.
Per non parlare di M., alla quale mancava un braccio intero, il destro.
La guardavamo passare, con la gonna corta, il reggiseno, l’aria di femmina vera. Noi eravamo bambine, ancora. Avevamo appena cominciato.
Mia madre si prendeva spesso pezzi di cuore. Infilava la mano, la sua bella mano dalle unghie curate, in qualche tasca segreta, e si prendeva un pezzetto di cuore. Non solo il mio.
Li teneva in una boccia di vetro, sul frigorifero. Una polpa rossa che ancora s’agitava, batteva, pulsava contro le pareti trasparenti: erano pesci-cuore dentro un acquario, piraña domestici da nutrire di briciole e gamberetti, squali minuscoli che si nascondevano tra le alghe.
Dentro di noi, i cuori ricrescevano (ricrescono sempre), capricciosi, con qualche cosa che mancava, o qualche cosa in più, di troppo. Alcune volte i segni restavano (restano sempre), certe unghiate le sento ancora adesso, quando venti, o parole, o nuvole, o voci s’infilano nei corridoi segreti del cuore, nei suoi canali sconosciuti scavati negli anni.
Una volta ho fatto un’ecografia: tra le onde grigie, il mio cuore aveva una forma strana.
Il medico era perplesso, poi me l’ha chiesto, così a bruciapelo: “Quante ricrescite ha avuto?”.
“Oh beh, dottore, nemmeno me le ricordo tutte… “ ho minimizzato.
Il mio cuore, a guardarlo, sembrava proprio la boccia sul frigo.
E’ che a settembre ho sempre questa sensazione di arto fantasma: mi dolgono un sacco di cuori perduti. Mia madre mi duole, con la sua vestaglia d’autunno dalle tasche prodigiose (conteneva bioccoli di nuvole, piume di diavolo, unghie, monete, paradisi). Mio padre, con la sua saggezza incomprensibile, la sua somiglianza dissimile, impossibile da accettare. La mia casa, che pure è così reale, se mi volto a guardarla, galleggia trasparente nell’aria, mattoni e pentole e tutto, appena mossa dal vento. E gli anni, le foglie morte, quelle vive. La scuola, persino. Da non crederci. Mi dolgono portoni, scale, muri. Sarà il cielo azzurro corvino, sarà il mare che si congeda con lunghi richiami salini e nuvole di rame. Sarà l’uva bianca, saranno i fichidindia. A me fanno male i cuori che non ho più, e tutti quelli che ho ancora.
Li ricordo tutti, i cuori feriti e rimarginati. Ognuno ha una cicatrice diversa, le più dolorose a rimarginarsi sono quelle inferte dal basso verso l’alto, quelle che fanno sanguinare a zampillo come i tagli nei film pulp.
Mia madre mi duole ogni volta che la vedo e lei ne ha solo una di ferita, sempre aperta e grondante sudore che sembra il sacro cuore di cristo, quello che portano in processione, sai? E mi duole che quella ferita gliela tiene aperta e ci getta alcol sopra ogni giorno. Mi duole così tanto che spesso ho pensato di ferirlo io, a morte. Purtroppo ferirlo con le parole non è mai bastato… E questo mi duole ancor di più****
Domani entra l’autunno!
i pesci cuore vanno nutriti con briciole di affetto nel ricordo. si può anche cambiare loro la dieta con briciole di livore. i pesci cuore hanno la sorprendente caratteristica di non avere mai un pasto decente e regolare.
è un errore tenere nello stesso acquario pesci cuore e pesci baciucchioni o altri pesci in genere, ché possono anche non andare d’accordo per una questione di territorialità.
il pesce cuore, infatti, è molto territoriale e richiede cure specifiche e dedizione.
circa le perdite dei pezzi: a me capita, a volte, con il cervello, un qualche suo anfratto, e la nebbia di un ricordo sfuggente mi intristisce assai.
Lo sa, lei, che ha un suo mondo da esplorare particolarmente originale e inconsueto?
ingolosisce
In questa terra di nessuno che sta tra l’estate vera e il vero autunno, capita anche a me di provare un’insensata quanto dolorosa nostalgia di cuori veri e di cuori presunti… Il vuoto pare ancora più vuoto. Già.
giorno 23 settembre, alle ore 9,51,entra l’autunno! Due giorni possono cambiare la vita…
http://it.wikipedia.org/wiki/Equinozio
CIAO!
Lo sai cosa istighi con tutti questi pezzi di pescicuore tagliati, strappati, conservati, preduti, posseduti, dolenti, pulsanti, vivi… sotto spirito?
Sai cosa ti meriti, nostra Signora della Farcia Cariodiologica?
Di essere ‘nigghiata da cuori! Vivi e presenti. Reali e virtuali!
Ecco comincio io che c’ho un pezzetto del tuo cuore
nel mio beautycase e tutte le volte che mi ci tempero le matite penso al pezzetto del mio cuore che sei, qui e ora. E ancora.
E poi siccome sono mezza calabra e qundo voglio so esaGGerara: tiè qua! Vediamo se qualcuno te ne porta uno più grosso . Questo ti basta basta fino a Natale. E nel boccione non ci entra.
Pciùk!
Lo sai cosa istighi con tutti questi pezzi di pescicuore tagliati, strappati, conservati, preduti, posseduti, dolenti, pulsanti, vivi… sotto spirito?
Sai cosa ti meriti, nostra Signora della Farcia Cariodiologica?
Di essere ‘nigghiata da cuori! Vivi e presenti. Reali e virtuali!
Ecco comincio io che c’ho un pezzetto del tuo cuore
nel mio beautycase e tutte le volte che mi ci tempero le matite penso al pezzetto del mio cuore che sei, qui e ora. E ancora.
E poi siccome sono mezza calabra e qundo voglio so esaGGerara: tiè qua! Vediamo se qualcuno te ne porta uno più grosso . Questo ti basta basta fino a Natale. E nel boccione non ci entra.
Pciùk!
ERRATA CORRIGE
mizzica esaGGero sempre, anche nell’errore (sti quiz per ssis mi stanno consumando il neurone!)
QUI più grosso
e
QUI cuorToline finchècenè tutte per te da me
:-*
ERRATA CORRIGE
mizzica esaGGero sempre, anche nell’errore (sti quiz per ssis mi stanno consumando il neurone!)
QUI più grosso
e
QUI cuorToline finchècenè tutte per te da me
:-*
la cicatrice ha un cuore che il cuore non conosce.
d.
c’era un racconto di Kundera che una ragazza innamorata perse tutte le 2 orecchie nella neve, mentre si lasciava morire d’amore. Poi passò anni cercando un parrucchiero che le pettinasse quei buchi
Quando si risveglia il dolore di tutte le tue cicatrici – come a me puntualmente accade a settembre -, accorgerti che quel dolore ti accomuna a tanti altri lo rende più sopportabile. Grazie brioche, e grazie a tutti quelli che ti commentano, per avermi fatto sentire meno sola per un po’.
(p.s.: sono l'”annamaria” che qualche mese fa ha creato un po’ di scompiglio, e che hai invitato a tornare. Non mi chiamo annamaria, ma non sapevo nemmeno che fosse il tuo nome, come tu hai creduto, accomunando per questo il nostro destino. ti chiedo scusa).
Metallica, ho sempre pensato che siamo per il 90 per cento acqua e per il 10 per cento ferite. Ma forse è che sono meridionale, vivo in Sicilia e da piccola ero circondata da santi e/o cuori di gesù trafitti da spine, spade e coltelli.
E comunque ci sono persone, cuori e ferite che ci dolgono sempre, perché non c’è cicatrice.
l’autunno ci voleva proprio, ci voleva.
cybbolo insigne (CONSIGLIO PER GLI ACQUISTI: leggetevi le avventure di cybbolo con Leopoldo, sono esilaranti), i pesci-cuore a casa mia erano onnivori, il che spiega il loro cattivo carattere. Ma a casa mia si tendeva a ipernutrire tutte le creature (una cosa tipo strega di Hansel e Gretel, diciamo), compresi i sensi di colpa, i pesci di fondale, gli avvoltoi, le viole mammole, i clandestini cinesi, gli assassini, i gatti, i traditori, i capelvenere, le cognate.
grazie, anche il suo mondo mi pare vasto. il che è un vantaggio, in tempi di mondi piccoli piccoli. e abbiamo tutta una blogvita davanti…
cara choco, il cioccolato aiuta, con le nostalgie. Ma settembre no, settembre è il più credele dei mesi.
mario,anche due minuti possono cambiare la vita. bisogna vedere in cosa. e comunque, io adoro l’equinozio (e astenetevi da rime, please).
oh comadrita, che bello questo cuore che pulsa, e quei cuori una picca carnivori in branco (l’analogia coi pirana è evidente, perché i pesci cuore sono carnivori e amorevoli, come le mamme). e comunque mai avuto, un cuore grosso così. a parte il tuo, che regali anche fuori di qui, e io lo so, perché lo tengo qui, con la mia farcia e i miei pesci, e ci parlo. e lui mi risponde sempre.
abrazos, comadrita.
ps: quel sito è pericolosissimo: mai giocare coi cuori….
vedi Maria, si perde sempre qualcosa, ad amare. ma è necessario. (e quello che dici mi ricorda un racconto di Garcia Marquez, una cosa tipo “il tuo sangue nella neve”, in cui lei si ferisce un dito con una spina di rosa e ne muore dissanguata).
ciao annamaria non annamaria, son contenta di rileggerti. e se hai scoperto che i dolori di settembre sono uguali per tutti: è un capodanno dell’anima, uno vero, non come quello falso di gennaio. E coincide con l’equinozio che si gira sui cardini, con la mossa di rame che prende gli alberi, la terra, il cielo. Il cuore. a presto.
“Ci mànci ùva cu lli fichitìgni,
quànni càchi, tùttu rrìgni”
non ho resistito…
el rastro de tu sangre en la nieve si titolò in spagnolo
Ad un certo punto della nostra vita, scopriamo che il dolore fa parte della nostra vita, che le ferite ci sono a volte si riaprono, altre volte dal dolore impari cose che se uno non avesse sofferto, non scoprirebbe. E capisci più anche il dolore degli altri. Giulia
Acqua e sale, quello chiartamente va sulle ferite:)*
chiaramente
questo è stato un colpo di grazia per il mio mood autunnale di questa sera
Bah. Il cuore salamandra è divertente, ma io ho un’altra teoria. Secondo me il cuore non ricresce, semplicemente i tagli smettono di sanguinare. Alla fine è una specie di spezzatino, e i vari pezzi fuonzionano a turno. Il risultato è che possiamo amare e disamare a giorni alterni, soffrire e poi essere felici, tradire, ecc.
Insomma abbiamo tanti cuori. Per fortuna; altrimenti sai che noia la vita.
Forse, anche, i vari pezzetti si riproducono per scissione.
E però, malgrado i disaccordi, i miei vari pezzi (di tutto) palpitano ogni volta che ti leggo, brioscia molto cara.
Settembre mi spoglia. Mi sfilaccia l’abbronzatura: l’armatura di entusiasmi tessuta di sudori a coprire ferite e cicatrici. Dov’è quella linea sottile che distingue la ferita dalla cicatrice? Sicuramente è. La percepisco, ogni tanto. Ma non a settembre. I piedi, costretti di nuovo alle scarpe, mi dolgono. Le occhiaie reclamano correzioni. Le parole, consapevolezze. Nuove, di nuovo.
Ti abbraccio anch’io
Mari
mario candido, quando scappa, scappa…
sì, Maria. una cosa potente (come non le fa più, il buon Gabo. l’altra notte l’ho sognato, secondo me muore presto).
Giulia il dolore è inevitabile, e le cicatrici pure. C’è una biologia delle cicatrici, delle ricrescite, che, a conoscerla, sarebbe quella del cuore.
metallica, chiaramente. d’altronde, siamo fatti per il 90 per cento d’acqua e sale. poi ci sono le lacrime…
aitan, mi sembra impossibile sfuggire al mood settembrino. settembre è il mese dei ritorni e delle assenze, e non ci possiamo fare niente.
proteus, ringrazio i tuoi frammenti di cuore, e penso che la tua teoria non è molto diversa dalla mia. probabilmente anche l’anima è un patchwork, un collage di pezzi spaiati. e funzionano come le luci negli alberi di natale. o anche peggio. un bacio
ciao Mari bella. settembre è il più crudele dei mesi, lo ripeto. ci costringe a reinventare un modo, a tornare a coprirci, a sapere. ti abbraccio
… sotto lo stesso cielo (azzurro corvino).
Mancano, sì; e a settembre di più.
Con i pezzi amputati c’è pure chi tenta di costruirci un golem. Inevitabilmente disastroso: meglio, molto meglio, la boccia di vetro sul frigo.
(Sarà la luce, di un limpido che resiste al declino, a farti vedere così bene? E cosa sarà a farti trovare le parole e le loro giunzioni?)
troppo bello. complimenti.
non so, Arimane. la boccia, forse, è un golem fermo. forse è la casa intera, un golem, e la boccia è il suo cuore. Sì, le case come le facciamo, collezioni di cicatrici e pezzi mancanti, sono golem. E noi lì a scervellarci per trovare la parola. Che scemi, è il nostro nome.
(le giunzioni, le parole: sono in crisi con loro. vorrei un blog interamente bianco dove ricominciare. mi sento un’adolescente di centomila anni). un bacio.
marcaspio, grazie. ma è più bello il tuo annegato nella neve e nella malinconia, sulle scale d’una città distante. e Napoli, come un male d’acqua salata che impregna il corpo. bello sì.
Non so se ricresca il cuore.
Di certo si riaprono le sue cicatrici.
Ogni domenica mattina, verso mezzogiorno, sento il lavoro di una lancetta pugnalina.
Poi, in questo acquario di sentimenti liquidi, la medusa (che è fatta di lacrime e memoria, si sa) arriva e cauterizza.
Senza consolare.
un abbraccio, anche da qui.
Il cuore è muscolo generosissimo. Ricordo mio padre, quando si beccò il tumore che lo spacciò in meno di due mesi: il suo cuore batteva a 120 battiti al minuto giorno e notte, quasi volesse da solo tenere in piedi la baracca che cadeva a pezzi.
Ad affidarsi al cuore, non si sbaglia mai.
Una volta una mia fidanzata mi tagliò… non ti dico cosa. Sul tagliere.
E’ ricresciuto, certo, ma prima era più lungo.
Il cuore invece non ricresce e non si risana. lo dicono anche i cardiologi. Per fortuna la scienza mette a disposizione dei validi pezzi di ricambio: valvole meccaniche, ventricoli di maiale…
Mi piace molto come scrivi, manginobrioches. Anche nei commenti.
Ti piace il pane con la giuggiulena?
@Col, vorrei saper dire come te “lancetta pugnalina”. Mi accontenterei, dico.
La domenica è sempre giorno di scavi e piccole ferite, punture come di zanzara. La casa lo sa, e in qualche modo si raccoglie.
ti abbraccio.
@brianzolitudine, anche a mia madre accadde così: il cuore andava avanti da solo, furioso, caparbio. Non sapevamo come dirglielo.
@carmine, eccerto che sì. qui la chiamano ciciulena, ed è sul pane più allegro che c’è.
inoltre, spesso le fidanzate fanno quel taglio: raramente ne valeva la pena. e per quello sì che ci sono protesi. per il cuore no, ma un sacco di gente vive senza, e anche bene. (ma poca sa vivere bene senza pane con la giuggiulena, se lo conosce). grazie e ciao
…..
E FERITA D’AMMORE NUN SE SANA.
NUN SE SANA; CA SANATA
SI SE FOSSE, GIOIA MIA,
MIEZE A ST’ARIA MBARZAMATA
A GUARDARTE IO NUN STARRIA!
E TE DICO: CORE CORE!
CORE MIO. TURNATO IO SO’,
TORNA MAGGIO E TORNA AMMORE,
FAI DE ME CHELLO CHE BUO’
Ogni volta che l’ascolto piango.
Oh sì, all’Auchan vendono il pane siculo, ma di cirasi rosse com’a chelle non se ne trova.
l’esule
ps Il plico nun è ancora arrivato. Non hai mantenuto la promessa 🙂
*
rubor
dolor
tumor
calor
liquor
amor
cor
…no…no…giusto 7 per Settembre…
bisouscicatrisés!
*”rabdomante”
di Ercole Pignatelli
Una volta mi venne un pensiero molto bello sulle ferite ma faceva tanto male il ricordo che l’accompagnava che mi scivolò di testa, cadde in un pozzo e l’acqua si chiuse sopra con una cicatrice d’onda che durò il tempo di dimenticare tutto. ecco.
così mi fermo solo per un saluto.
consocevo un uomo, lo conoscevano tutti nel quartiere vecchio, che era fatto di cicatrici.
Prima non esisteva, ma a ogni cicatrice, a ogni amputazioe, esistenva un po’ di più.
Come la parte interna di un guanto che non esiste finché non rivoltata.
Quando fu quasi interamente rivoltato, l’uomo mancava ancora di qualcosa.
Si dimenticò allora di se stesso, di quel che era prima, e con quest’ultimo taglio, quest’ultima cicatrice, iniziò a esistere interamene in modo nuovo
(per dire che ogni amputazione non è una sottrazione, ma una moltiplicazione. Per verificare il risultato ocorrerà fare la prova del cuore)
@ g., il pane Auchan è siciliano come io ho fatto il militare a Cuneo. E quella canzone, sì, fa piangere anche me, persino quando la canta Battiato, pensa.
il plico arriverà, uomo di poca fede.
@ franca la douce, bellissimo quest’uomo color cuore, rigoglioso di cicatrice in fiore.
all’elenco aggiungerei… humour… dufur…
e bisous per te
@ majara, l’acqua è piena di ferite altrui. perché ha il dono di richiudersi e dimenticare.
@ Herr, abbiamo stabilito, tempo fa, che le divisioni non esistono.Sono tutte moltiplicazioni, nell’algebra dell’anima.
E quell’uomo lo conosco. Ha un blog, ora. Non ricorda nulla, e per ogni ferita, una cicatrice gli scompare.
(ma Lei è sicuro che non sia la storia di tutti, scritta coi pezzi mancanti?).
“@carmine, spesso le fidanzate fanno quel taglio: raramente ne valeva la pena. e per quello sì che ci sono protesi. per il cuore no, ma un sacco di gente vive senza, e anche bene. (ma poca sa vivere bene senza pane con la giuggiulena, se lo conosce). grazie e ciao”
caro il mio carmine dal cuore di porco.
eleonora.
Livore
Nomi
Pesci cuore
La mia cicatrice mi piace immaginarla come uno scavo nero nel tronco di un ulivo, è esploso tutto trasformando l’albero in una scultura. Ed è stata un’implosione.
“Cuore di porco”, l’espressione mi è maleficamente piaciuta subito, per via dell’allusione ai ventricoli di maiale, ma fa male anche a me. La ritiro, mi scuso.
Sono tornata qui per dire questo.
E solo oggi ho letto il post: gran belle voci in questa stanza.
P.S. Veramente la storia del tagliere io non la intendevo così, però ci sta, ci sta.
eleonora
eleonora, il cuore del maiale è talmente simile a quello umano che progettano trapianti inter-specie.
io conosco almeno una quindicina di soggetti a cui un altro cuore farebbe un gran bene. mah.
sempre gradite le tue visite, ciao.