Nel mondo al contrario – tra l’altro – i fascisti si fanno difensori della libertà e i maschilisti si ergono a fieri protettori delle donne. Lo abbiamo visto, lo vediamo accadere di continuo, complice il modo in cui il dibattito pubblico è veicolato dagli slogan social, dove ogni affermazione è la verità, e ogni affermazione serve a mobilitare una fazione, e armarla.
Cosa che accade, tristemente, soprattutto a proposito di vicende orribili, recenti come gli stupri di agosto, antiche come quella di Giuseppina Ghersi. Curiosamente, entrambe a proposito di crimini contro le donne. Che, qualunque sia la guerra, sono sempre le sconfitte, le vittime, la (letteralmente) carne da macello.
La vicenda di Giuseppina, la tredicenne trucidata nel 1945, è diventata esemplare d’un modo di comunicare che non vuole trasmettere informazioni, ma eccitare passioni contrapposte, e con lo scopo – a mio avviso chiarissimo – di concorrere allo strisciante revisionismo che il fascismo di ritorno (posto che se ne sia mai andato) persegue, e sempre con maggiore forza (vi ricordo che lo sdoganamento è arrivato fino all’organizzazione di una nuova “marcia su Roma”, e se non è un segnale inquietante questo, non so cosa può esserlo).
Ora voi – e certo qualcuno nei commenti lo chiederà subito – mi chiederete: ma non è schifoso l’omicidio, pure brutale, di una ragazzina? Certo che sì. Più che schifoso: inaccettabile, mostruoso. Sono la prima a pensarlo e dirlo.
Ma non posso, per quanto orrore e schifo mi faccia questo episodio, farne una ragione – come si è tentato, come si è fatto, come si continua a fare sulle più disparate tribune online (e come temo si farà nei commenti qui sotto) – per screditare una cosa che fu nobile, necessaria, eroica come la lotta per la Liberazione.
Non posso, per quanto orrore e schifo mi faccia questo episodio, farne una ragione per condannare i partigiani (che gli dei li benedicano sempre), né tantomeno per assolvere i fascisti (che gli dei li maledicano sempre), o per tentare equazioni del tipo “atrocità furono commesse da entrambe le parti” (anzitutto non è proprio così, numericamente, e poi vi ricordo che fu la dittatura e l’infame guerra a precipitare il Paese dentro l’atrocità, da cui i partigiani tentarono di liberarci), oppure “i caduti sono caduti, da qualunque parte lottassero” (pietà per tutti i caduti, ma non posso mettere sullo stesso piano chi difendeva un dittatore liberticida, le leggi razziali, l’asse con Berlino, e chi ci ha liberato da tutto questo).
Inoltre, entrando nel merito della vicenda della povera Giuseppina, con tristezza devo constatare che il suo povero corpo è usato una volta di più come bandiera, strumentalizzato dai “fieri combattenti” (vi ricordo, maschilisti e sopraffattori come pochi: le donne sotto il fascismo vennero allontanate dalle scuole e dall’istruzione, perché la loro unica missione era figliare e allevare italiani) per le loro ragioni, che passano sopra i corpi di tutti, ma delle donne di più. Perché anche la costruzione narrativa di questa vicenda non è diretta allo scopo di rendere omaggio a una povera vittima.
Apro qui una parentesi per rimarcare che, chiunque fosse Giuseppina, era una bambina. Certamente sono esistiti bambini sfruttati dai fascisti e dai nazisti: bambini che hanno denunciato i loro compagnetti e le famiglie, che hanno collaborato ai peggiori crimini. Restano bambini, per definizione innocenti. La foto che ho scelto, appunto, è un fotogramma de “La notte di San Lorenzo” dei fratelli Taviani: il bambino fascista che, durante la “battaglia nel grano”, inganna uno dei combattenti per stanarlo. Quel bambino è odioso, e fa una cosa vigliacca e criminale, ma resta un bambino, al quale non possiamo imputare le colpe degli adulti, ovvero il padre che lo ha indottrinato e condotto a combattere con gli uomini. Pagheranno entrambi, nella scena: nella vita, questa secondo voi sarebbe stata “un’atrocità da assegnare a entrambe le parti” o piuttosto “un’atrocità che si sarebbe risparmiata, se non fosse esistito il fascismo e un fascista così cieco e criminale da coinvolgere il figlio bambino”?
La ricostruzione narrativa della vicenda di Giuseppina, a partire dallo stupro – che pare sia solo un dettaglio aggiunto ad arte per rendere più sconvolgente la narrazione – , e proseguendo fino ai nostri giorni, nel delineare le figure protagoniste (il consigliere comunale che ha proposto il monumento a Giuseppina, l’Anpi locale, il professore di estrema destra che ha scritto un testo per il monumento), è pesantemente manipolata e viziata da superficialità e approssimazione – oltre a essere corredata spesso da una foto falsa – come hanno dimostrato le severe ed encomiabili ricostruzioni di Valigia Blu e(http://www.valigiablu.it/giuseppina-ghersi-fascisti-partigiani/) e Wu Ming e(https://www.wumingfoundation.com/giap/2017/09/il-caso-giuseppina-ghersi-1/) .
Ma questo – direte voi – toglie qualcosa alla vicenda di Giuseppina? Certo che no, all’atrocità della vicenda di Giuseppina non toglie nulla, ma toglie molto alla serietà di chi vuol farne un falso simbolo di rappacificazione e riconciliazione nazionale. Toglie molto a chi se ne sta servendo per farne una bandiera al contrario.
La rappacificazione, la conciliazione non possono passare attraverso la falsa memoria, la manipolazione o l’assenza delle fonti, la superficialità della ricostruzione. E soprattutto, rappacificazione e conciliazione non possono voler dire che un bagno di sangue (forse) dovuto a chi diceva di militare da una parte (perché non è chiarissimo nemmeno questo: se gli autori del crimine fossero davvero partigiani) serve a screditare quella parte e assolvere o nobilitare l’altra, che di nobile non ha e non avrà mai nulla, e potrebbe avere – sta alle coscienze individuali – il perdono, giammai l’assoluzione.
Riposi in pace Giuseppina, vittima innocente delle guerre di ieri e di oggi. Ma non riposi in pace la verità, mai.
C’è un grandissimo giornalista e scrittore,GIAMPAOLO PANSA,che dedicato anni ed energie alla ricostruzione della VERITA’ nella guerra civile resistenti-fascisti.Ha pubblicato libri straordinari,ricchi di documentazioni inedite,vendendo milioni di copie.Infischiandosene delle solerti,ridicole,accuse di revisionismo,prontamente rivoltegli dalla decrepita sx politically correct.
Non ne parli,non lo citi.Pansa oggi e’ al termine della professione di giornalista.E’ stato una colonna di Repubblica,L’Espresso,prima di una rottura connessa,immagino,anche ai libri che hanno riscritto la Storia di una fase tumultuosa,sanguinosa,lacerante del Paese,imprigionata nella stesura deformata,a senso unico,di un canovaccio scritto dai vincitori,rigido,ripetitivo,rivelatosi in grande parte non veritiero.
O Pansa e’ un fascista “di ritorno” ?
Veramente Pansa è citato in uno dei link che, ovviamente, non hai seguito. Cioè in uno degli articoli che ricostruiscono – quelli sì con dovizia di particolari, correttezza delle fonti e onestà intellettuale – la vicenda di Giuseppina. Pansa tratta la cosa, invece, al suo solito, fazioso modo. Uno che finge di essere uno storico e dimentica di essere un giornalista, di cui non ho mai avuto nemmeno un briciolo di stima. E questa cosa di cui parlo, come dice il commentatore qui sotto, Raffaele Moccia, è esattamente il prodotto della “storiografia” fasulla, ovvero memorialismo d’effetto, con cui si è tentato, negli anni, di riabilitare il fascismo screditando la Resistenza. Una cosa vergognosa, a mio avviso.
questa vicenda, è esattamente un frutto dell’albero piantato da Pansa
C’è da ringraziare davvero il gruppo di Nicoletta Bourbaki composta da persone nelle cui parole – al contrario che in quelle degli avvoltoi di Forza Nuova – ho colto una vera umana pietà per questa vicenda dolorosissima e confusa. Ma come scrive Raffaele Moccia l’albero piantato da Pansa è avvelenato. Non per quello che pensa della Resistenza – De Felice pensava cose contestabilissime ma grazie anche al fatto di avere diretto l’ufficio studi dell’Archivio di Stato i suoi libri sono sono una miniera di utilissime indicazioni di fonti. Pansa nei suoi libri usa: memorialistica Rsi e testimonianze orali (per definizione soggettive) di cui non indica luogo e circostanze e ore della erogazione (è l’a b c della storia orale) senza registrazioni! e addirittura lettere personali che naturalmente nessuno può consultare. Insomma i suoi libri potrebbero essere dati da leggere agli studenti laureandi in storia per far vedere l’esempio da NON seguire.Peraltro in gioventù ha scritto autentiche ricerche storiche: quindi sa benissimo quello che fa e è in totale malafede. Quello che scrive potrebbe essere tutto vero o tutto falso: non ci fornisce mai delle ragioni per prestargli fede. Le note non sono noiose necessità per far bella figura coi colleghi e vincere i concorsi ma l’una garanzia di rigore. Democratico starei per dire: l’autore si sottopone alla possibil verifica!
Esattamente. L’umana pietà, sventolata da chi ha promosso tutta questa operazione, io la colgo solo in chi è corso a colmare i vuoti e ristabilire la verità. Pansa ha fatto operazioni discutibilissime, e mirate unicamente a vendere copie. Ma purtroppo, come si vede dal commento sopra, c’è chi lo crede davvero uno storico.
A voler “migliorare” – se possibile – l’articolo, che condivido in pieno, consiglierei di sostituire il “MA non posso…” con “E QUINDI, tanto più, per evitare di usare il ricordo di una bambina…”
Per quanto mi riguarda, il senso dell’articolo non cambia, il ragionamento è chiarissimo e lo condivido in pieno.
Eppure,
di questi tempi dove si fa scempio pure della povera grammatica al grido di “ecco tutti i professori di italiano pure su facebook ! Qua scriviamo come vogliamo ok!?”,
ritengo purtroppo che sia necessario difendere ANCHE la logica e la DIALETTICA, ed evidenziare la differenza di metodo con i diffusissimi e più o meno inconsapevoli
MAnganellatori della dialettica e della discussione democratica. I Manganellatori col “MA”. I (finto)liberali “senza se e senza ma”, che però, di “MA” ne usano eccome.
“Non dico che si stava meglio col fascismo, MA…”
“Non dico che bisogna giustificare chi rifiuta i gay in albergo, MA…”
“Non dico che non posso vedere i froci, ho ANCHE molti amici gay, MA…”
“Non dico che gli stranieri sono tutti stupratori, MA…”
“Non dico che lei, essendo giovane e, riconosciamolo signori della corte, anche bella, se la sia cercata accettando un passaggio di notte da dei carabinieri, MA…”
Con i MAngalellatori del “MA” di cui sopra
(che ignorano l’USO delle coordinate avversative, o delle equivalenti subordinate concessive),
proviamo a
Rovesciare la prospettiva:
” Il Governo fascista ha fatto ANCHE delle cose buone: bonificare le paludi o preoccuparsi della previdenza, che sono cose buone. Banalmente. Anche se a farle è un governo fascista.
MA il Fascismo ha fatto ANCHE delle cose TERRIBILI.
E – si badi – non contro i “partiti avversari” (non apriamo al gioco “eh ma chi vince la guerra OVVIAMENTE riscrive la storia” – “ovviamente
Proprio contro l’umanità, e quindi contro l’Umanità.”
Numericamente, e per importanza, tra la parola “anche” e le parole “cose terribili” ci starebbe un “e soprattutto”.
MA NON LO POSSO PIU’ METTERE – purtroppo .
I neofascisti inconsapevoli VOGLIONO giocare al gioco FACCIAMO I CONTI = DAI che alla fine SIAMO PARI = dai che alla fine SIAMO TUTTI UGUALI = “nessuno mi può giudicare, NEMMENO TU” =
Il gioco, peraltro, facendo i conti davvero, lo perderebbero senza nemmeno la suspence del risultato finale. Persino Mentana non riuscirebbe a farci una maratona notturna interessante.
Ma di questi tempi di disinformazione caotica, ritengo forse più opportuno non giocare affatto.
A gli stessi che ancora invocano le castrazioni in diretta, o la pena di morte o i linciaggi nazionalisti, e poi rievocano ANCHE il Fascismo come
“periodo ‘tutto sommato’ in cui ALMENO non si stuprava in spiaggia”
– e i manganelli erano simpaticissimi oggetti falloidi di gommapiuma per fare le carezze per scherzo – ,
CHIEDIAMO:
“…ma i delinquenti più beceri, gli STUPRATORI,
– che TUTTI CONDANNIAMO senza se e senza ma –
NON hanno mai fatto – neanche da bambini – ANCHE delle cose buone?”
E speriamo di far capire COSI’,
che NESSUNA persona intelligente può giustificare i delinquenti.
ANZI. Non ne giustifica nessuno.
E che PROPRIO PER QUESTO, invoca più legalità e più DIRITTO e più VERITA’ e MENO arbìtri, anche “solo verbali”.
E anche più TOLLERANZA verso verso LE PERSONE DISCRIMINATE,
e QUINDI anche più INTOLLERANZA – democratica, a parole, argomentata – verso LE PAROLE delle persone che vorrebbero IL PRIVILEGIO di discriminare altre persone.
E che INTOLLERANZA non è una parolaccia IN SE’.
O forse tollerare le estorsioni e gli omicidi delle mafie, tollerare le raccomandazioni e i concorsi falsati, tollerare la diminuzione dei diritti dei lavoratori spacciati per tutele crescenti, tollerare gli attacchi reiterati all’istruzione pubblica, SONO indice di DEMOCRAZIA e rispetto dei diritti di tutti?
Chi tollererebbe una proposta di Neo legge razziale?
E che, per questo, replica instancabilmente a chi vorrebbe fare ingiustizie convinto di fare (o farsi) ‘giustizia’.
Sono certo che Valigia Blu alla fine scoprirà la Verità alla faccia dei quaquaraqua come Pansa che – orrore! – si è servito nientemeno che di “testimonianze orali”, Ma tu pensa ‘sto Pansa…
Quindi finalmente si accerterà che Giuseppina è morta di broncopolmonite perchè andava in giro poco vestita e i genitori, che non hanno l’hanno sorvegliata a dovere, sono quindi stati giustamenti puniti dai Partigiani Proletari espropiandoli dei loro averi.
La colpa è di chi muore.
Così tutti potranno vivere felici e contenti.
Che scemenza che hai scritto, caro Santo. Pansa NON è uno storico, e si serve – appunto – di testimonianze NON VERIFICABILI né verificate. Solo gli scemi lo possono prendere per serio e difenderlo, o i fascisti. Scegli tu cosa sei.
Non sono “fascista”.
Quindi – se ti fa piacere – sono “scemo”.
Che detto da te è quasi un complimento.
Ma tu sei proprio senza speranza.
Siccome non sono fascista,eccomi “scemo”.Poiche’ vale anche per me il dilemma che poni al malcapitato Santo,
Che dire,Anna ?La tua violenza (verbale),l’aggressivita’ hanno qualcosa di fascista o stalinista,scegli tu.A parte cio’ mi sa che dovresti ridimensionarti leggermente.Di PANSA,giornalista e storico,tuo malgrado, restera’ traccia,nonostante i tuoi perentori,definitivi,velenosi giudizi.Di Anna M.?
La mia violenza verbale ti impressiona, quella faziosa di Pansa no. Allora forse la diagnosi giusta l’hai fatta davvero. Quanto a “cosa resterà”, credo niente di nessuno di noi, e comunque non vedo perché di me dovrebbe restare qualcosa, visto che non ho scritto libri né fondato ospedali o scoperto medicine salvavita. Se di Pansa resteranno i libri, resterà il giudizio che si può dare attraverso quelli: un fazioso disgustoso, che spaccia cronachette per storia, a beneficio dei fascisti desiderosi di essere sdoganati o degli imbecilli. Infine, nel mio blog posso dare – a mio parere – tutti i giudizi che voglio, perentori quanto voglio. Chi non condivide quello che penso può esprimersi, educatamente (cioè non come te) oppure (opzione consigliata) togliersi di torno. Sai quante pagine neofasciste ci sono, per adoratori di Pansa? Ti troverai benissimo, ne sono sicura.
torno due anni dopo sulla questione delle tetsimonianze orali. Che sono importantissime (esiste del resto anche un’associazione di storia orale l’AISO) ma come e più di ogni altra fonte usate ed esposte con la massima correttezza. Quindi: basarsi o su registrazioni o su scritti dei testimoni, indicando dove quando etc (in una sede istituzionale o in casa propria, da soli o in gruppo le persone possono esprimersi diversamente e ciò va specificato). Riportando fonti orali bisogna riportare tutto (anche le esitazioni, l’intercalare etc). Le lettere citate vanno precisate e rese consultabili… E’ questo che manca assolutamente nei lavori di Pansa
come e più di ogni altra fonte devono essere
usate ed esposte
La Ghersi fu stuprata ed uccisa da ” partigiani” e su questo non vi è dubbio. Stelvio Murialdo mi risulta del 1929 non del 1935.Per fortuna gli autori della prodezza sono defunti da un bel po’