La qualità del buio di Stromboli: fitta, selvatica, odorosa.
La notte ha una trama sottile, e disegni di gesso sulla pietra. Voci soffocate, anditi remoti, stuoie stese sui riquadri delle finestre. La notte appartiene interamente all’isola, noi siamo ospiti precari, come sulla buccia del vulcano.
Su una parete c’è il disegno d’un geco e d’un vulcano, una linea li chiude e li separa, e c’è scritto "iddu". L’Etna è femmina, è "’a muntagna", ma Stromboli è maschio. L’Etna ha un grembo sterminato e gravido in cui si agitano titani, ciclopi e leggende piene di catene. Soprattutto, ha bocche rosse e fianchi ampi che sono abitati, percorsi, coltivati da secoli: è una montagna prima che un vulcano.
Stromboli, col suo umore iracondo, i suoi versanti sterili, è soprattutto e continuamente un vulcano. In qualsiasi momento potrebbe girarsi su un fianco, rivendicare i duemila metri sottomarini e i pochi chilometri quadri su cui sorgono – timide – le opere umane.
E’ ruvido, eccentrico, enigmatico quanto la sua sciara del fuoco. E’ presente in ogni istante, è l’ombra d’ogni parola, l’altro lato d’ogni gesto. Offre le sue sabbie nere e la sua pietra tormentata a fuoco per le stesse costruzioni che potrebbe inghiottire in ogni momento: è il Limite stesso, l’ammonimento implicito delle forze superiori che qui è – semplicemente – meno sottinteso.
La vita a Stromboli è certamente meno precaria che altrove: gli abitanti sanno, meglio di altri, che più di tanto il vulcano non regge.
Acquacalda è il lato nascosto di Lipari, l’isola come sarebbe se non ci fosse l’immagine dell’isola, il suo eterno ritocco fotografico. Una sola fila di case – tutte uguali: una veranda poggiata su due colonne rotonde (‘e pulera), panciute secondo la memoria mediterranea, e l’interno che è una spugna per distillare l’ombra durante il giorno – un orlo di spiaggia, una strada. Dietro, le distese di pomice e un campagna tenace. Il bianco non è di smalto, ma di polvere: coriacea e triste, Acquacalda fa pensare soprattutto al suo inverno, alla sua interminabile persistenza.
Forse l’odore delle isole, nei rari casi in cui lo si può percepire, è questo: l’odore della pazienza.
Ho guidato un gommone, senza patente e senza rotta. Per almeno quattro minuti e mezzo. Teoricamente non ci sarebbe nulla di più facile, visto che in mare ogni direzione è possibile. La libertà, infatti, è il vero problema.
C’è un villaggio preistorico, su un’altura di Panarea: circoli di pietra che, tremilacinquecento anni fa, erano case. Dritta su una soglia, provo a guardare il mare, che qui riempie l’orizzonte fino all’orlo, e a pensare all’enorme, intricata, trasparente massa di gesti – di paura, d’amore, di rabbia, di conoscenza, di rispetto, d’angoscia, di timore, di pietà – che deve restare ad avvolgere ogni luogo umano. Persino questo, dove la storia prima non c’era, e poi s’è appiattita, al livello dei circoli di pietra, estate e inverno, come una lucertola con gli occhi socchiusi, mentre fuori dal circolo di pietra, più grande, delle isole, la Storia diveniva impetuosamente.
Sento distintamente come non vi sia alcuna differenza: siamo sempre sulla soglia, alle spalle ci gravano cose trasparenti, guardiamo verso un punto incerto, e ci chiediamo qualcosa che non esiste.
Il geco è un vero dono.
bentornata mangy… vedimò che tu se fai un giro dietro casa ti confronti con i vulcani, io al massimo con gli sgommatori di Cinisello Balsamo che sgangherano l’aria a base di subwoofer… che poi in realtà non è vero, ho anche tutta la Brianza che mi aspetta, ma adoro fare il qualunquista avvizzito. (non per paragonare la Brianza ai vulcani, s’intenda bene…)
A Stromboli Iddu è ovunque, persino nei cibi che mangi; negli occhi di tutti, pensiero continuo e sottinteso, voce che comunica incessante. E’ un eterno simbolo di precarietà.
e io mica ci sono mai stata in quei posti. non ho ricordi e immagini da svegliare, questa volta.[però grazie per questo bel ritratto che invita al viaggio].
-marika-
Ribadisco…sono belli i ritorni. Resterei seduta qui, ad ascoltare le storie e a vedere queste isole che non conosco.
Arrivano come i segni di un lontano che ha confidenza col mare e con tutti i suoi orizzonti.
🙂
Il geco è cosa da gecatori… (comunque è il simbolo di Stromboli, e si trova dappertutto: forse è la vita più compatibile col vulcano)
Inventatore, sulla Brianza, e i suoi probabili vulcani sommersi, c’è chi ne sa più di tutti, dèi compresi: Brianzolitudine. Te lo consiglio vivamente.
Placida, tu conosci troppe storie per non conoscere anche l’ombra delle parole.
mrka, si deve andare per isole, almeno una volta
Colfavoredellenebbie, dovremmo inventare isole fatte apposta per le tue nebbie, e chiamarci dalle sponde, come abbiamo fatto (gratitudine perenne, mia per te…)
Manginobrioches, si può fare, si può fare 🙂
o.t.
Sai che Antidoto è nato da un tuo commento al post precedente?
sotto i vulcani vivono animi inquieti.
Il fuoco impregna gli animi e le menti e spesso sgrana le coscienze.
Mi fanno un poco paura.
Un bacio
Isabella
Brianzolescamente elucubrando, alla locuzione “vulcano sommerso” ho collegato la locuzione “lago morenico” e mi sono spaventato della mia ignorantissima sapienza, locutiva, allocutiva e locomotiva. Ciufciuf a te, Mangy.
Oh mamma, Col, non ci avrei pensato mai, ma mi fa piacere: le parole, d’altronde, non sono solo raccolto ma anche semina, qualche volta. E comunque confermo: la tua scrittura ha una qualità medica e curativa, come certe piante sognanti dai fiori aerei.
Isabella, hai ragione: il luogo in cui viviamo dà forma ai nostri pensieri.
inventatore, la nostra ignoranza ne sa sempre più di noi (che siamo allocutivi come allocchi, talvolta). Il lago morenico mi sembra un posto pieno di sirene d’acqua dolce. ciufciuf
Come è stato bello passeggiare in quei luoghi che conosco, dove ogni tanto ritorno,guardandoli attraverso i tuoi occhi così poco banali, così comprensivi. Quel cerchio di pietre è portatore di ricordi bellissimi e quel gommone che sa di libertà mi ricorda un’impresa analoga. Aggiungo l’odore intenso dei viottoli di Salina, dove non si sentiva un rumore e dove eravamo solo noi a rompere il silenzio cantando a squarciagola le canzoni di un altro mare.
sono letteralmente approdata al tuo blog, trasportata dai venti amici, non potrebbe essere diversamente visto la bellissima scoperta, così bella che seduta su questa sabbia scura all’ombra di vulcani e mari caldi, vien voglia di non andarsene piu’ e lasciarsi cullare all’infinito…nella
dimenticanza…
Si sente qui che Iddu è il padrone; che Essa, pur col suo sconfinato grembo, soggiace alla potenza maschile: è il mito della genesi, la “religio ac spiritualitas” dei primitivi di tutto il mondo, la suggestione di un Olimpo nascosto alle menti ciniche e incredule di noi uomini moderni, quello che tu hai descritto qui, cara Annabrioche!
Sembra che tu abbia un filo diretto con l’anima delle cose, se riesci ogni volta, pur conoscendoti ormai da tempo, a stupirmi.
Elisnelpaese
In mare, come su un deserto, ogni direzione è possibile. La libertà è una grossa responsabilità.
Sto aspettando la seconda Eoliana. La prima è bellissima. Ti riporto invece un frammento che scrissi e pubblicai in un piccolo libretto di racconti nel 1981:
Isola di Stromboli, agosto
Il mare e il rumore remoto degli uomini nelle case serrate dalla notte. Un magico magma di silenzi, di distanze estreme e di solitudini disperate: la sovranità di un solenne mistero che confina con il sortilegio o con la fatalità.
Il tuo compagno di banco
forse non è la stessa cosa, ma tutti i luoghi d’isola possiedono lo scuro delle ombre amiche, e il profumo portato da lontano dei venti, e nelle loro rotondita’ spettinate dal vento i nostri pensieri e le nostre domande cercano risposta.
è l’isola che scava dentro di noi e come un vulcano riscalda le nostre inquietudini.
da quelle parti non sono mai stata , ma mi hai fatto ripensare ad Ischia, meno oscura, ma selvatica così….
un abbraccio…
…ciao…un saluto da un passeggero…
tante volte le scritture “barocche”, nel senso piene di aggettivi, molto ricercate, m’infastidiscono, preferisco l’essenzialità, alla carver per citare un grande, ma devo dire che leggendo te “sento” una naturalezza che non m’infastidisce affatto, anzi, ti leggo sempre molto volentieri.
Cara Elis, a volte penso che ci si dia da fare per cancellare il potere antico dei luoghi, e ci si riesca anche bene, ma non in tutti i luoghi ciò è possibile.
lo dico fuoridaidenti, la libertà è un gran bel casino (infatti, guarda un po’ quanto la gente s’affanna a NON essere libera)…
caro compagno di banco, ti so navigatore d’isole e di scritture, e sorrido.
NicDwa, le isole sono indispensabili, e si somigliano per questo.
Armandos, siamo tutti di transito, e questo è il bello.
grazie dicosaparliamo. ho sempre pensato che la spina dorsale delle scritture – quale che sia la loro fenomenologia – sia il rigore.
capperi…anzi boccioli incoronati: il passo finale mi ha raggiunto al centro del petto.
Perchè ho alle spalle cose trasparenti, e soprattutto – sacrosanto lo scrivesti- mi chiedo cose che non esistono.
Non sia mai un complimento ma solo un ricordo di un paio di belle mezz’ore.
W.W.