Avete presente, sì, quello snobismo cretino per cui quando un libro, un film, una serie tv lascia tutti entusiasti tu sei colta da Scuntentizza Grave A Prescindere, o Ripulsa Programmatica, o qualsiasi altro modo vogliate usare per definire il “preferirei di no” che sostituisce il solito “sì, sì, sì” (ovvero, Bartleby che prende servizio mentre Molly Bloom è in permesso)? Ecco. Con “L’amica geniale”, libro prima e serie tv dopo, a me è successa questa cosa. O meglio, mi stava succedendo, ma poi una mia amica geniale ne ha detto cose che io, come una Lenù calabrese ma spiccicata, ho subìto come ogni volta che lei capisce le cose prima di me, meglio di me, invece di me. Che io pure, quando essa, Lila mia, parla mi sento un’imbecille, perché lei mi spiazza, e mi gira e mi vota e mi furrìa il mondo e me lo riconsegna capovolto e nuovo, e dice “ecco, accussì sta mieglio”, e io invece d’essere colta da diffusa piromania, come sarebbe mia indole veritiera, vorrei fare qualunque cosa esiste sulla Terra per compiacerla, per rallegrarla, per inseguire in qualche modo inevitabilmente goffo la curva perfetta della sua gittata. Anche se il suo volo è inevitabilmente diretto, ogni volta, verso un abisso, uno schianto o quantomeno un buco nello scantinato, dove lo sanno tutti che abita il diavolo.
Ecco, l’effetto-amica-geniale è il solo che possa contrastare l’effetto-sono-troppo-famosi-per-piacere-a-me. E infatti.
Penso che nella vita di tutti c’è una Lila irraggiungibile, e non ci sono pagelle e diligenza e nemmeno botte di culo che tengano: lei è esattamente quello che ti manca, quello che fa curvare l’orizzonte, quello che fai tanta fatica a raggranellare nel resto del mondo. E tu, chiunque sia, sei Lenù, bellina ma non abbastanza bella, o bella ma non meravigliosa, mai meravigliosa, mai spaventosa, mai con gli occhi che vedono oltre, dove la tua dabbenaggine lenuesca vede cose consuete, e i suoi invece bucano tutti i veli, e scorgono i demoni profondi, o le divinità dorate e spietate che stanno oltre, e forse sono la stessa cosa, ma questo tu, tu, Lenù, Lenù, non lo saprai mai.
E non ti viene, con Lila, nemmeno la competizione – che pure sarebbe una cosa tua, una cosa persino facile – , perché tu lo sai che lei è imprendibile, è fuori scala, e richiede tutte le risorse generose del tuo cuore zittito e appagato solo dalla sua attenzione, dal suo affetto selvatico.
Ora io non ho ancora letto i libri (vi confesso che trovavo più o meno disgustosa tutta quella bagarre su Elena Ferrante: ma avete davvero mai visto un autore che ha qualcosa a che fare con le sue opere? ma ve ne frega così tanto davvero?), e mi auguro che non mi rovinino tutto, ma sto guardando la serie di Saverio Costanzo e ne sono profondamente avvinta. Per la qualità della storia, la potenza degli archetipi che smuove, la narrazione della violenza pervasiva che è l’unico legame tra i personaggi. Una violenza verticale, di classi, che pure segna la sostanza in qualche modo omogenea del Rione, dell’appartenenza che non si discute e non si interroga, si subisce e basta. Una violenza orizzontale, dentro ogni famiglia, ogni nucleo, dovunque esso si collochi nella geografia sociale e abitativa. Una violenza di genere, ulteriore e trasversale: la più ingiusta di tutte, la più cruda.
I gesti di tenerezza in questo mondo non esistono, o sono pronti a volgersi in furore nello spazio d’un istante. I sentimenti sono assieme istinti primordiali e lussi che nessuno si può permettere.
Le madri sono tutte spaventose: grandi madri steatopigie ma scavate dall’afflizione, dedite in modo autolesionista, sempre circondate e oppresse da bambini (tre, cinque, sei), sempre sottomesse ma colme di rabbia (fa eccezione Melina, la pazza del quartiere, che infatti non si cura dei figli e non nasconde la sua passione malata per il marito di un’altra). Strette tra l’osservanza di virtù arcaiche e nuovo decoro borghese e il collaborazionismo col maschile distruttivo. Incapaci di fare posto alle figlie, alle quali si affrettano a indicare – a cercare di normare – il femminile come calvario, colpa e vergogna da nascondere come il sangue mestruale.
Forse non ci crederete, ma ho capito molte cose di mia madre – cresciuta in un luogo molto simile a quel Rione concentrazionario, con tratti molto simili a quella Lila, con una sfrontatezza che era un grido, un senso della libertà che scontava ogni giorno come una colpa, un’acutezza ribelle che produceva solo strappi nel tessuto uniforme della vita degli altri. Ho capito molte cose della mia famiglia di femmine, perché quel Rione un poco qui esiste ancora, con le sue geometrie sociali invalicabili eppure i suoi codici di riconoscimento salvifici.
I gesti più generosi – i soli gesti generosi che non siano rivolti ai propri consanguinei, e dunque inevitabilmente mescolati alla tirannide, alla rivalsa, alla distribuzione diseguale del potere tra maschile e femminile – li ho visti compiere a due donne senza figli: la maestra Oliviero e sua cugina di Ischia. Un poco le fate madrine di questa spaventosa Cenerentola, le dee ex machina (letteralmente fuori dal macchinario sadico della famiglia), portatrici del raggio verde della bellezza. Che è la grande assente e che questi cuori aperti – Lenù, Lila, Pasquale ‘o comunista, Enzo ‘o parulano – desiderano in modo cocente, anche se non lo sanno.
La maestra porta libri, soluzioni, piani d’evasione, tocchi che non siano solo di spietata durezza. E i libri sono la cosa che brilla, dall’inizio: è un libro che cementa l’amicizia tra Lila e Lenù, il loro patto segreto di sopravvivenza alle leggi del Rione. E’ la biblioteca il tunnel in cui arredano, sempre precariamente, la loro sopravvivenza. E’ attraverso un libro che si riconoscono tra loro, quelli che il Rione possono guardarlo da fuori (e fuori – questa un’altra delle grandi trovate della serie – ci sono persino i colori! Il mondo smette di essere spento, virato seppia, come prosciugato di ogni possibilità cromatica da una luce sempre uguale).
Anche se un libro può essere ingannevole. Dopotutto, quello schifoso di Sarratore è l’unico tra loro che addirittura un libro l’ha scritto. Un libro di poesie, persino. E lui è gentile invece che brutale persino come capofamiglia, e suona la chitarra e racconta barzellette e non sembra proprio interessato alla vita nell’enclave dei maschi dove si trovano tutti gli altri, in canottiera o con la giacchetta di camoscino, col grembiule di cuoio o la tuta blu, a fumare e scambiarsi grugniti comunque efficacissimi nel veicolare le differenze di censo, di riguardo e di ringhiera. Lui ama stare coi figli e giocarci, corteggia la moglie, canta col vibrato, scrive sui giornali. Ma solo perché ha altre malattie: dopotutto, è stato lui a fare impazzire la povera Melina, disorientata da un maschile inimmaginabile (mica poteva saperlo, lei, che esistono cose come il narcisismo parossistico, l’egocentrismo e la seduzione compulsiva; sono cose che nel Rione mai s’erano viste). Sarratore non è tecnicamente un pedofilo, quanto piuttosto un dongiovanni incapace di distinguere la realtà dai propri desideri. E rappresenta, infine, l’altra faccia della medaglia, l’altro inganno.
Trovo magistrale l’uso del dialetto: tutte queste cose, o non cose, non sarebbero state comunicabili altrimenti (ed è sottile la mescolanza con l’italiano nei dialoghi di Ischia, tra personaggi che comunque sono usciti dal Rione e stanno forse affrancandosi anche dai suoi codici linguistici).
Trovo magistrale la scelta dei volti: Rossellini avrebbe approvato (ma anche i Taviani della Notte di San Lorenzo). C’è già dentro tutta la storia (in particolare mi sconvolge l’occhio divergente e la fisionomia claudicante della mamma della soave Lenù: un femminile sbilenco eppure imperioso che mi spaventa, forse mi ricorda qualcuno). E sì, trovo pazzesco che una storia così semplice ma articolatissima, così difficile da decifrare eppure nitida, sia in prima serata su Rai1. Speriamo che non se ne accorgano, del bene che hanno fatto. O chiudono tutto e ci ribecchiamo Don Matteo per sempre.
Ps: non dirò nulla sulla violenza a Lenù a opera del Sarratore di cui sopra. Mi preme solo dire che, ecco, immobilizzarsi e tacere non è segno di consenso, ma una delle possibili tre reazioni alla paura: fuga, attacco, immobilità. E a volte si può restare ferme lì per sempre.
Complimenti, splendida recensione.
Mi ritrovo in ogni affermazione compreso l’atteggiamento un po’ “spocchioso”, l’ammetto, con cui inizialmente ho affrontato il libro. Ho letto poi i quattro volumi. La versione cinematografica è all’altezza dei romanzi, ne esalta la scrittura.
Anita
Io ho divorato i libri, non avrei mai smesso di leggere, e sentivo una sorta di dolorosa e rischiosa parentela con i personaggi, e avrei voluto che non finissero mai. Non mi sono mai posta il problema se fosse buona o cattiva letteratura, chi fosse l’autore o l’autrice, perché piacesse tanto all’estero: ero ammaliata e mi bastava. Per questo guardavo con una certa diffidenza alla fiction, genere che già non amo, e che temevo in questo caso strizzasse esplicitamente l’occhio al mercato americano. Tuttavia mi sono dovuta ricredere. Questo film non ha solo riprodotto fedelmente la scrittura, l’ha interpretata, in certi casi sovrainterpretata, donando alle vicende evidenza e
concretezza e vividezza. Sono costernata all’idea che finisca, e vorrei che arrivasse il seguito subito: ancora una volta, e benché sappia già tutto, non ho la pazienza di aspettare.
Qualcosa di più su questa presunta Elena, che seguo fin dalla lettura chocccante dell’amore molesto, mi piacerebbe pure saperla, ma non alzerei la lampada, non vorrei che sparisse….
Anch’io ho divorato i 4 volumi, dopo aver visto la prima puntata ne ho criticato la staticità delle scene e la monotonia dei colori ma in seguito sono stato avvolto dell’attesa del dopo…. che mi è poi molto piaciuto…..
Anch’io ho divorato i 4 volumi, dopo aver visto la prima puntata ne ho criticato la staticità delle scene e la monotonia dei colori ma in seguito sono stato avvolto dell’attesa del dopo…. che mi è poi molto piaciuto…..
Splendido modo di raccontarla, bravissima. Io, addirittura, non ho visto le prime due puntate…ma ritrovo in ogni singola parola che dici la potenza paralizzante e pervasiva di questo capolavoro. Grazie amica geniale. Grazie a te, manginobrioches…
Le prime due puntate, per me, sono un capolavoro. Se puoi rivedile su RaiPlay.
Splendido articolo
Brava! Menomale che la tua amica geniale ti ha fatto cambiare idea, così abbiamo potuto leggere questo splendido articolo. 😉
Meraviglioso. Concordo su tutto
Come al solito, esprimi il mio pensiero molto meglio di come possa fare io. L’ho guardato con lo spirito snobistico di chi sa già che sarà una schifezza. Dopo cinque minuti mi sono innamorato.
Fortunatamente ho un’amica geniale, mia moglie Barbara. Tante amiche geniali ho incontrato nel tempo, tutte hanno aggiunto qualcosa. Ora leggendoti ho capito che anche tu sei per me un’amica geniale. Sei sempre un po’ più avanti e ogni volta ribalti i miei pensieri. Grazie.
Ludovica Nasti ed Elisa Del Genio mi erano sembrate di almeno una spanna superiori a Gaia Girace e Margherita Mazzucco; nel 5 e 6 episodio, però, anche le attrici adolescenti mostrano la loro bravura, e probabilmente raggiungono la “genialità” delle loro più giovani colleghe … Bravissime tutte.
L’amica geniale ci racconta di una Napoli “dimenticata” e certo non convenzionale; di una storia di riscatto ed emancipazione, femminile, attraverso lo studio, l’istruzione, la cultura. Roba che di questi tempi …
I libri della Ferrante, belli, hanno ottenuto un enorme successo. Lo stesso, sta avvenendo per questa serie TV, non solo in Italia, ma in tutto il mondo (Francia, Svezia, UK, USA …). La fiction porta nelle case degli italiani temi come la violenza, il maschilismo, la forza di volontà incrollabile, la “genialità” delle menti di due bambine, e poi di due donne, della Napoli degli anni ’50 e ’60, in un quartiere degradato di periferia. E, non mi stanco di ripeterlo, sottolinea la potenza della cultura, che riesce a spezzare catene e consente vite nuove e migliori.
“… non vediamo l’ora di continuare il viaggio con Elena e Lila”, ha detto Casey Bloys, presidente della programmazione di HBO, annunciando la realizzazione della seconda serie, dopo i primi 8 episodi che, ahimé, termineranno, da noi, il 18 dicembre!
Dopo il primo, anche il secondo (e .. .chissà!) romanzo della Ferrante sarà “trasformato” in film.
Grazie cara, per me sei davvero tu l’Amica geniale e te lo dico con sincerità.
Ho letto i libri di Elena Ferrante, senza seguire tutto il corollario di gossip sulla sua figura, a me basta la scrittura, poi è arrivata la fiction, che avevo quasi deciso di non seguire, ma mi ha convinta mia sorella, con argomentazioni molto semplici, ed ora non me ne pento. Sono due “prodotti” diversi e di valore. La tua recensione è – come di consueto – scritta con tutta te stessa, per questo è molto potente e la condivido sia sul mio blog (http://maricri48.wordpress.com – “Le parole per dirlo”) che sul mio profilo Fb, per la gioia dei miei contatti! Grazie dei tuoi pensieri condivisi! 🙏🏻
L’ha ribloggato su LE PAROLE PER DIRLOe ha commentato:
Cos’altro aggiungere ad una recensione così personale (e potente nei suoi contenuti) della fiction in onda attualmente sulla RAI “L’Amica geniale”, tratta dal romanzo di Elena Ferrante? Ho letto uno dopo l’altro i quattro libri, immersa nelle mille pieghe dell’universo femminile, colpita dalla violenza degli ambienti di vita delle ragazze e dei maschi, attratta dalla scrittura di questa autrice che non conoscevo se non per sentito dire. Ora sto vedendo anch’io le puntate della serie e questa per ora è la recensione che mi è piaciuta maggiormente, perché tocca alcune delle mie corde più profonde.
Sei “geniale”, una visione perfetta *…una mia amica geniale ne ha detto cose che io, come una Lenù calabrese ma spiccicata, ho subìto come ogni volta che lei capisce le cose prima di me, meglio di me, invece di me. * Nemmeno io ho letto i libri ancora , il film è meraviglioso raggiunge “il femminile” lo scuote da secoli di sonno, lo spinge a guardare oltre il proprio ruolo…ma, forse fa paura la forza che viene sprigionata su quelle vette. Bravissima. Paola
Che dire, hai detto tutto tu è benissimo, pensavo di essere una tra pochi ad apprezzare il tutto, anche la lentezza ha un suo perchè, è trasmesso così tutto bene che ti sembra di sentire anche gli odori del rione,si ai colori si hai costumi alla fotografia e alle magistrali interpreti e naturalmente alla regia di questa bella storia, non ho mai letto niente di Elena Ferrante pensando erroneamente che fosse tutta una montatura, ma mi sono ricreduta alla grande, forse leggerò in seguito la quadrilogia ma voglio gustarmi la storia fino alla fine come fosse un giallo, scoprendo pian piano il finale
, splendido esempio, mi ha ricordato l’emozione che provavo da bambina nell’aspettare la puntata successiva dei classici romanzi che mi hanno affascinato incuriosito e stimolato insegnandomi a leggere.
si ai costumi (non so perchè sia venuta l’
hacca) scusate!
Una pausa, un momento di riflessione e di contrizione, che ci riporta a considerare la nostra condizione umana che si va sopendo sotto l’incalzare di una evoluzione senza governo, in tempi caotici e indecifrabili che oramai pervadono ogni aspetto della nostra vita. Lo è la fiction, splendidamente interpretata in ogni risvolto dall’articolo, ma lo è anche la splendida recensione che meraviglia, forse perché non più abituati a tale profondità di pensiero e capacità di introspezione.
Segnalerò questo tuo post, perché dice praticamente tutto, velocemente e bene, come al solito tuo.
Sull’ultimo punto/puntualizzazione mi trovi perfettamente d’accordo: ho apprezzato il modo in cui è stato trattato il tema, un modo non convenzionale, nonostante sia così difficile non essere convenzionali su di un tema tanto/troppo spinoso. E’ un modo da donna, questo voglio credere, ma con una dose di coraggio in più, perché (de)scrivere che ” immobilizzarsi e tacere non è segno di consenso” non è per niente facile e per una donna lo è ancor di più.
Ecco, anch’io non avevo letto i libri (più o meno per i tuoi stessi motivi), ma ora lo farò.
sono affetto da snobismo cretino e ripulsa programmatica (stupende definizioni) che negli anni mi hanno impedito sistematicamente di vedere film di successo (schindler list, per citarne uno) o apprezzare autori troppo osannati (dei quattro libri dell’amica geniale l’entusiasmo al primo è andato scemando nei successivi a mano a mano che il successo della Ferrante andava ingrossandosi). Ma questo tuo post è una chicca che mi gusto parola per parola. Adoro quando le segnalazioni di un testo non si limitano alla recensione come la si potrebbe trovare in una quarta di copertina ma trasmette lo stile e la personalità dell’autore. E qui tu compi una doppia salutare operazione usando un linguaggio tutto tuo e utilizzando la falsariga del romanzo per raccontarlo da dentro, in prima persona.
sia chiaro che, per non smentirmi, dato il tuo caldeggiarla non vedrò la serie televisiva, mi è bastante godermi questo tuo articolo.
🙂
ml
La serie televisiva merita, davvero. Per tutto, personaggi , immagini e colonna sonora.
Non ti conoscevo; arrivo attraverso Sabina _K e sono felice di dirti che hai scritto una recensione coi fiocchi.
Molto bella la storia, molto ben scritta e poi tu l’hai presa ben a cuore.
Avevo un’amica geniale. Quel brutto male se l’è portata via e mi manca.
Belli i libri e bella la serie. Sì, esiste quel certo snobismo per cui, se un prodotto, specie se culturale, piace a troppi, non può piacere a me. E io ne sono affetta. ma in questo caso direi che il grande successo dell’Amica geniale, sia nelle forma dei romanzi che in quella della serie TV, è pienamente meritata
Condivido tutto ciò che hai scritto, soprattutto il tuo commento riguardo all’enorme divario tra il contenuto dell’opera ed il canale e l’orario di trasmissione.
Mi ha sorpreso che tu non abbia letto il libro e ti consiglio vivamente di farlo, anche se non so che effetto possa fare, in quanto ora hai già delle immagini precostituite . Il libro l’ho trovato meraviglioso e l’ho divorato , quindi non potevo non vedere la serie televisiva (la mia TV , a parte qualche film , è sempre spenta) , e devo dire mi ha molto colpito la capacità , tra l’altro di registi diversi che si sono alternati nelle fin’ora tre serie , di ricreare davvero le stesse atmosfere.
Stupenda la scelta del cast, a partire da Lila e Lenù, dalle due meravigliose interpreti della versione bambina e poi le due adolescenti
capaci di trasformarsi in giovani adulte e tutti i personaggi d’intorno, uno ad uno. La madre di Lenù , grandiosa, in tutte le sue sfaccettature.
Nel libro non c’è il dialetto scritto (tipo Montalbano) anche se si capisce quando è parlato in dialetto e quando no, ed in questo il film supera il libro, mentre il libro è più ricco di sfumature , più scorrevole e più ipnotico del film , ed è impressionante la capacità dell’autrice di mettere a nudo in primo luogo se stessa e poi anche tutti i personaggi intorno a lei. Ed il personaggio ovviamente più splendido e mai fino in fondo conosciuto è Lenù. È lei, che sempre sorprende. 😍