Miei adorati, perdonate il ritardo sulle puntate 9 e 10 di Gomorra 3 (le penultime! Dopo, non so come potrete vivere senza i miei resoconti), ma eccomi all’appuntamento, forse non puntuale, ma ineluttabile come un esattore d’ O Stregone.
All’approssimarsi delle feste natalizie si tinge ancora di più di quel suo colore ferroso e sanguigno, la nostra Gomorra, dove il tema delle penultime due puntate prenatalizie è uno solo, per quanto bifronte, e assai appropriato: la Famiglia/il Tradimento. Ovvero, le accezioni del concetto di Appartenenza, che in qualche modo è determinante, a Gomorra (e nelle mafie tutte, di cui questa non è che una declinazione narrativa, un riassunto di archetipi).
Cirù appartiene a Genny? Sangue Blu appartiene a Cirù? Azzurra e Pietro appartengono al Venerabile Ancorché Incazzoso Avitabile? Patrizia appartiene a Scianel? E ancora, Forcella appartiene ai Confederati o agli hipster? Secondigliano appartiene alle scimmietelle solite, con la scimmietella capo femmina, Scianel? (che brinda con Patrizia: “Alla nuova regina di Secondigliano”. La precedente era stata Donna Imma Savastano, che però era reggente, in nome e per conto di Don Pietro carcerato: siamo di fronte a un’evoluzione? O piuttosto è solo gender mafioso, cioè una cosa reale quanto un unicorno o un pensiero di Giovanardi: il sistema di potere, di potere violento, è lo stesso, ed è maschile, quindi Scianel & Patrizia o O Stregone e O Sciarmant è la stessa identica cosa).
Perché ciò che lascia più sconcertati è questo riferirsi ai pezzi di territorio posseduti, spartiti, messi a frutto. Interamente posseduti: avete presente quelle scene in cui i guaglioni del team Forcella, o anche dei Confederati, arrivano a montare qualche bisinìss? Li vedete entrare in case, cucine, tinelli mentre la gente fa l’uncinetto, conversa, prepara la moka. Come se entrasse un colpo di vento, uno spiffero, niente: continuano a vivere la loro vita, in bassi angusti dai muri scrostati, in vie miserabili, in edifici che cadono a pezzi, senza quasi vederli, quei traffici continui, fitti, complicati. Quegli oggetti (quei borsoni) che cambiano posto. E’ l‘immanenza di Gomorra, una categoria dello spirito e della materia, la sua natura di Ultracorpo che prende il posto di tutta una convivenza civile, della sua economia, dei suoi rapporti di forza, delle sue relazioni più intime.
Sangue Blu ha vinto, all’apparenza: lo spin doctor Cirù Ex Immortale va a parlare co O Stregone, il Gandalf dei Confederati (identico, ma senza barba: pure l’anello, c’ha. I gomorresi tutti hanno un’attrazione fatale per gli anelli, come già sapeva Tolkien: un anello per ghermirli e nel buio incatenarli), e gli dice quello che lui sa già (mai dimenticare che le conversazioni a Gomorra sono tutte simboliche: ogni parola sta in luogo di qualche gesto, ogni gesto di qualche fatto, ogni fatto vale quanto un discorso, o anche più. Le conversazioni hanno luogo non per comunicarsi qualcosa, ma per continuare con altri mezzi i combattimenti, lo studio dell’avversario, l’esposizione di colori di guerra, penne di corteggiamento, profferte segrete, l’osservazione in cerca di segnali di cedimento, o di tradimento, o di debolezza)(Falcone lo diceva, che tutto è comprendere quel linguaggio, che non somiglia nemmeno lontanamente al nostro: Buscetta, prima ancora di rivelargli qualunque fatto, gli insegnò il linguaggio dei fatti, dei detti, dei non detti).
E allora Forcella può festeggiare, né più né meno come avviene la sera dopo le elezioni, il suo Sangue Blu (una cosa tipo la corona di nuovo ai Savoia, o Palazzo Chigi di nuovo a Berlusconi, diciamo). E lì Carmela, la sorella saggia di Enzo, pur mettendolo in guardia nel suo ruolo di Cassandra (che le donne sono tutte un poco Cassandre, e infatti scassan-drano-o la minchia a dovere), poi per la prima volta lo chiama col suo titolo: Sangue Blu. Ripristinato il diritto di nascita, nella monarchia di Forcella.
Che poi Carmela c’ha un altro problema: Cosimino, suo figlio. Il principino, sarebbe. Che lei vuole lontano dalla strada, per il noto paradosso: siamo i re di Forcella, ma ci piacerebbe essere puliti e altrove, anzi mo’ ci proviamo, ma per le prossime generazioni. Che intanto crescono col nostro esempio, e vogliono solo essere noi. Il dilemma delle generazioni.
Infatti, appena Carmela muore – una morte strumentale, per aumentare il caos e spingere alla guerra – Cosimino va dove lo porta il cuore: a sparare per il quartiere in sella a una motocicletta. E quindi io vi chiedo: Cosimino a chi appartiene? A Forcella, su cui vuole regnare (imbottendola di droga, inquinando la sua economia, imponendole le decime, ma dicendo la solita cosa: “Questo è il paese che amo”)? A sua madre Concetta, uccisa in un camerino mentre indossa il vestito più brutto del mondo? A suo zio Sangue Blu, che parte per la vendetta a testa bassa, che era esattamente l’effetto che il regista occulto di tutto ciò voleva ottenere (voi non ci crederete mai, ma Genny Savastano, malgrado l’aspetto da cercopiteco rasato male e malgrado lo ricordassimo tutti come un ragazzotto fondamentalmente sciemo e succube di Cirù e di sua madre, in quest’ordine, dopo l’Erasmus in Honduras, che evidentemente fa miracoli, è diventato una specie di Andreotti-MichaelCorleone-Zu’Totò)?
E mister Avitabile, l’Apicella incazzoso suocero di Genny che tiene in reclusione sua figlia Azzurra col nipotino, che senso della famiglia ha esattamente, visto che consegna il bambino ai Confederati, presumibilmente non per una vacanza studio ma come ostaggio di rango per piegare Genny-Giulio-Michael, ma quando poi torna accenna una carezza invisibile a madre e bambino? Dove scorre l’amore, a Gomorra, il luogo in cui tutti tradiscono gli affetti più cari (o li uccidono, come fece Cirù con la moglie Debora, come fece Genny col padre).
E Azzurra, che nella serie precedente non aveva mosso ciglio quando Genny aveva spedito suo padre in carcere per toglierlo di mezzo, e ora va e gli dice “Se Pietro non torna a casa io t’acciro”, lei a chi appartiene?
L’appartenenza di ciascuno – spesso proclamata, sempre sostenuta da grandi manifestazioni di sentimento e attaccamento – è continuamente mobile, riposizionabile, a volte contraddetta da tradimenti, rovesciamenti, sparigliamenti che le sole ragioni del mercato e del potere non spiegano. I due esempi più eclatanti sono il rapporto che lega Cirù a Genny, che le categorie freudiane non bastano a spiegare (è una ‘nticchia edipico e una ‘nticchia proiettivo e una ‘nticchia competitivo), e la figura di Patrizia, che fa un doppio o triplo gioco rischiosissimo (ma di lei non sappiamo molto, pur essendo di solito, noi spettatori, onnisciemi. Patrizia è interamente chiusa, selvatica, fredda: la sua sicurezza non è di chi ostenta potere, ma di chi ha l’immenso potere di non avere nulla da perdere, di non essere toccato in alcun modo da quello che accade. Uno dei personaggi più inquietanti, sui quali il potere di Gomorra di pervertire le esistenze ha dato un risultato pazzesco, tanto che Patrizia sembra quasi umana, rispetto alle maschere di Grosz degli altri. E invece.).
E gli hipster di Forcella, a chi appartengono, adesso? Dalla comunità solidale ed egualitaria dei vecchi tempi si sono trovati in una monarchia costituzionale con a capo Sangue Blu, poi in una tirannide eterodiretta da Genny-Michael. Loro che si credevano una forza d’opposizione al Sistema, ci si ritrovano dentro fino al collo (ma come, non lo dovevano aprire come una scatoletta di tonno?), a prendere ordini dagli uomini d’O Sciarmant, essere costretti a spacciare merda (mentre il loro prodotto sì che era di qualità, mica questa roba cinese) ed essere sorvegliati pure in casa loro.
Il colmo è quando i due responsabili d’una fronda spacciatoria vengono platealmente puniti e uccisi da Genny in persona davanti ai Confederati, Lì è il momento “La stangata”: tutto finto. L’irruzione, l’esecuzione. Li vediamo colpiti a morte sul molo, uccisi a beneficio delle telecamere e dei Confederati, e poi sbucare dalla scaletta, coi giubbotti antiproiettile (e certamente inseriti, da subito, in qualche programma protezione testimoni che deve esistere pure a Gomorra, no?).
Un altro doppio gioco.
L’appartenenza è sempre tra chi è Famiglia e chi non lo è. Il Padre, il suo fantasma, assilla, come fossero Amleto, tutti: chi lo ha avuto e lo ha perso per mano d’altri, chi non lo ha avuto mai e lo ha visto nel padre di altri, chi lo ha ucciso, chi vuole incarnarlo, chi lo fugge. Una psicanalisi di Gomorra ci aiuterebbe a capire tante cose.
Postilla onomastica
Assieme alla lingua, una delle cose più sorprendenti è l’onomastica di Gomorra. Se invece che spacciatori e assassini i gomorresi si mettessero a fare gli sceneggiatori sarebbero i primi del mondo.
O Stregone. O Sciarmant, O Crezi e O Diplomato: i Confederati sono un trattato del potere e delle sue maschere, ma anche dei suoi epiteti.
Scianel (che con O Sciarmant si trova benissimo: nomina sunt consequentia gomorrae). L’Immortale. O Bellebuono, O Golia, O Vocabulario (alcuni del team Forcella). O Cardillo, O Principe, O Capaebomba (gli estinti ragazzi del vicolo Miracoli).
I personaggi non stanno dentro i loro nomi (che poi sono tutti uguali: Ciro, Gennaro, Vincenzo, Antonio), esondano, si forgiano un soprannome che è un epiteto omerico, un grido di guerra, uno stemma araldico.
Che cosa singolare, vedere una delle forze più potenti della Terra, l’immaginazione, al servizio del Male, del Poco, dell’Orrido, del Criminale.
La frase del giorno
La dice Carmela moritura al figlio: “La morte fa schifo. E’ uno spreco esaggerato”. Esattamente. Pensate quanta morte semina e ha seminato Gomorra. Che spreco esaggerato.
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