Io mi ricordo, di Capaci.
Mi ricordo quella sensazione di titanic, di fine del mondo. Anche perché ero in redazione, e le notizie nelle redazioni arrivano così presto e così oscure, crescendo da una sola piccola frase, germinando in se stesse, allargandosi a dismisura come le crepe di un terremoto.
Mi ricordo che non capivamo, che era solo un altro modo per non crederci. Mi ricordo del primo che arrivò, senza fiato, ripetendo “è saltato tutto, tutto”, allargando le braccia senza poter contenere quell’enormità. Quel cratere preistorico apertosi di colpo sull’autostrada, come per certi meteoriti ultraterreni. Quel buco irrimediabile apertosi nelle nostre coscienze.
Perché, a volte, quelli che la mafia e la ‘ndrangheta non riescono a vederla sono proprio quelli che ci vivono in mezzo e accanto e sopra e sotto (come il diritto di proprietà dei romani, che arrivava fino alle stelle e fino agli inferi, qui le Cose Nostre arrivano esattamente fino a lì, alle stelle e agli inferi, che poi certe volte sono pure la stessa cosa).
Non crediate che alcuni di noi abbiano una nozione più precisa della mafia di uno che sta a Bressanone o a Forlì. Potrebbe essere come Gomorra, un paese immaginario che per le misteriose proprietà delle altre dimensioni sta qui ma è invisibile, è inconoscibile.
La mafia è talmente brava a essere ovunque, che è come se non ci fosse. E tu magari non sai riconoscerla, nell’assessore che fa bitumare inutilmente le strade, nell’acqua che sparisce dalla condotta a una certa ora, nel bar sotto casa che cambia continuamente gestione, nelle gru che allungano il collo in tutti gli angoli del cielo, e i palazzi inutili ed enormi che, piano su piano, occupano tutto lo spazio libero e anche quello già occupato, nelle merce del supermercato che ha tutta la stessa marca. Nel locale notturno che s’allarga sul marciapiede e lo ingoia tutto, nei camion del movimento terra che entrano sempre negli stessi cantieri.
Non sai riconoscerla nel tizio del baracchino della frutta, nel compagno di scuola che veniva sempre vestito di nero perché gli avevano ammazzato un sacco di fratelli e cugini, e un giorno è sparito pure lui, partito per chissà quale vendetta o comando.
Non sai riconoscerla nei fori dei proiettili sui cartelli stradali o sul costato del Cristo Sparato di Zervò.
Non sai riconoscerla nell’economia oscura, volatile eppure ferrea che governa certi cortili, certe piazzette, certi angoli di strada.
Tu dici: io non so, ed è follemente vero.
Tu dici: io so, ma non so i nomi. Ed è ancora più vero.
Tu dici: io so, so i nomi, ma non posso provarlo. E’ verissimo.
Non basta che loro siano Capaci di tutto. E’ che noi, noi così a volte non siamo capaci di niente.
Perdonatemi, ma in un giorno solo troppa retorica non la sopporto: vent’anni dopo la Dia che voleva Falcone non è stata organizzata, e non c’è chiarezza sulla morte di Borsellino. Tanti che avevano odiato e isolato Falcone si sono riciclati in pii falconisti.
Tutti a dire “la legalità si impara a scuola”, e a tagliare ogni energia della scuola.
Tutti a “destinare risorse”, tagliando su uomini e mezzi.
E noi abbiamo due eroi morti in più.
[…] parole di oggi… …le più belle sono quelle di manginobrioches, che scrive queste cose qua e poi chiude […]
Grazie Anna, le tue parole sono un valore aggiunto!
più che perfetto, la cosa più bella che abbia letto in questo giorno ! grazie Anna
Quanta verità nelle tue parole,Anna.E quanta ancora da conoscere affinché sia fatta giustizia.
Avevo nove anni e solo adesso provo sulla mia stessa pelle che,quel giorno,insieme all’asfalto e a quelle persone è saltato via anche il mio futuro.E quello dei miei coetanei.
In questo strano Paese la storia quasi mai insegna. Ho letto con interesse e piacere questo bel ricordo di Giovanni Falcone ( http://www.orticalab.it/23-maggio-1992 ) di un giovane giornalista, appena adolescente nel giorno della strage.
Ed ho pensato che se solo tutte le famiglie, i maestri, i professori, le tv, i giornali, avssero dato ai ragazzini dell’epoca la possibilità di conservare le stesse tracce di quei tremendi fatti, questo sarebbe un Paese diverso, e migliore.
Invece siamo stati costretti a vivere un ventennio da incubo, dal quale speriamo di uscire, che ha sancito il definitivo decadimento morale, cuturale, sociale e quelle generazioni sono cresciute cancellando la memoria, sacrificata sull’altare della menzogna e della sempificazione a tutti i costi.
Cosa direbbe Falcone dell’ultimo ventennio?
Quando ne ebbi notizia stavo nel Salento da un membro della mia famiglia con mio figlio, allora in fasce. Mi ricordo la sensazione che provai, come se la dinamite fosse scoppiata anche dentro di me e avesse distrutto un po’ di speranza.
hai perfettamente ragione 2 grandi uomini, ma scomodi a molti
Bello, un post bellissimo e che mostra la nuda realtà che viviamo.
Stefano
Ecco io ho lasciato trascorrere una giornata prima di dire. Perchè spesso ho bisogno di riflettere e mi prendo il tempo per farlo. Pur condividendo tutto dell’articolo, ricordo e impotenza compresi, c’era qualcosa che non mi suonava bene. Ora so che cos’è. E’ che voglio tenere per me, per i miei figli la voglia di rivalsa (e mi fermo a chi mi è più vicino, perchè l’esempio che posso dare lì finisce!). La voglia di dire, come Falcone, la mafia è una cosa umana e come tale troverà una fine. Io gliela vuola far fare una (brutta) fine.
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Come sempre,
le tue sono parole che riesco a leggere tutte d’un fiato.
Ma sei siciliano?
L’ha ribloggato su Doriana.
Come sempre i tuoi scritti arrivano al cuore, quello che dici e’ la realta’ che noi tutti viviamo o abbiamo vissuto in qualche momento. Passano gli anni, gli onesti muiono , noi siamo cresciute, invecchiate e le cose non cambiano mai !