La casa mi scoppia addosso come una pelle stretta.
Forse è l’effetto di gennaio, che ovviamente è soave e primaverile, e fa fondere i gelsomini e disorienta le cocciniglie. Persino le piante grasse fioriscono, quei loro fiori misteriosi e carnali, che di notte emettono voci riconoscibili.
La casa è troppo piccola, non tiene più la confusione di desideri e rimorsi che ogni primavera rimescola: sul tappeto del salotto s’ammucchiano nastri, disillusioni, biglie di vetro. Con uno sforzo immenso, la casa sta cercando di cambiare forma: le ho comprato uno specchio, per tenerla buona. E’ rettangolare, lungo e stretto, audace. L’ho appeso accanto alla portafinestra del balcone sullo Stretto, come fosse un gemello che, come l’altro, guarda dentro e ci riflette.
La casa s’è chetata per qualche giorno, ma ora la sento che mi chiama, e soffre di claustrofobie e tormenti, e da qualche parte sta covando un cambiamento, un’esplosione di dolori meravigliosi, come un ciliegio dalle parti di giugno.
Probabilmente è più giugno di quanto vogliamo ammettere.
C’è una diffusa giovinezza, nell’aria, un riverbero continuo.
La casa cresce di notte quando non possiamo vederla, e al mattino c’accorgiamo delle stanze che ha progettato, trasparenti nell’aria semiliquida: un soggiorno foderato di libri, con una ballerina di latta sulle punte e stelle marine vive posate sui mobili. Una collezione di cuori di vetro sulla scrivania. Un nido di gatto pieno di piume. Un corridoio di venti chilometri e penombre, con mensole e scarpiere piene di pantofoline di cristallo.
La casa ha ancora fame di specchi, e non posso darle torto. Ha immaginato un armadio intero foderato di specchio, e sento che sta per produrlo, per farcelo trovare, appena nato, una di queste mattine d’estate invernale inoltrata.
Forse dovremmo dipingere tutti i soffitti, che hanno una precisa intenzione di stelle: in camera da letto, dove abbiamo il letto volante e il comò dei cassetti segreti e un faro con un lumino dentro per quando non riusciamo a tornare da un sogno o da molti, ho appiccicato una per una centosette stelle fosforescenti, e di notte le guardo prima di dormire e qualche volta anche mentre dormo. Ma non bastano: ci vuole un soffitto d’un nero blu, e costellazioni e comete a intervalli regolari. La casa mi suggerisce di comprare colori acrilici, mi fa sentire il sapore dei vasetti, le confetture di colori. Pane burro e blu cobalto. Pane burro e verde oltremare. La casa vuole mangiare.
Sento un bisogno di tappeti, di balconi, di lampade, di vimini.
Un giorno mi alzerò e cambierò tutta la disposizione delle stanze, rivolterò la casa come un guanto, coi polpastrelli sensibili in fuori, verso lo Stretto, e dentro i suoi segreti di piuma d’oca, pelo di gatto, miele di limoni, argento fotografico, carta, fosforo e cioccolata fondente.
Perdonatemi le assenze, ma è (ormai era, quasi) gennaio, che è uno strano capolinea del corpo. A gennaio sto sempre male, ho oscure collezioni di sintomi che s’allargano alla casa e alla micia. Dopo tanti anni forse credo di capire: io somatizzo l’anno nuovo. Il solstizio, il cambio di data, il capofitto della luce sono una specie d’affezione, di sindrome che devo riparare coi soliti mezzi psicosomatici e con l’attesa. Domani è febbraio, infatti.
Ti sono prossima più che mai in questo gennaio quasi scemato, ché ognuno ha il suo Stretto in cerca di specchi ma – soprattutto – in virtù di quel faro per quando non riusciamo a tornare dai sogni. Pane burro e blu cobalto anch’io, posso sedermi?
Un abbraccio. :-*
condivido la stessa sindrome di inizio anno e d’inquietudine.
comunque, bentornata! mi stavo quasi quasi preoccupando…
diamine, a cambire e spostare stanze e muri e architravi son buoni tutti.
Si provi però a spostare i perimetri, lasciado la vita e la topografia per il resto immutata, così che la libreria finsca in sala da pranzo (perché non ammetere la nostra bibliofagia?), il letto accanto alla vasca da bagno (la notte è un fatto liquido e i sogni sono accadimenti sottomarini), e la cucina sia sul balcone, a riempire ogni piatto dei profumi e delle luci d’oltremare
Oh, gennaio, mese vuoto, indeciso, per nulla incipitario come dovrebbe. Inizia tardi, si allunga troppo. Illude di portare del nuovo. Delude. Grigio e sciatto, dopo il fatuo (o caldo) scintillìo decembrino. Mese di saldi, capi difettosi, fuorimoda, spaiati. Rimasugli (di capi, di pranzi, di anno).
E non è più neanche freddo. Noiosamente normale.
Capirti uno non ti capisce davvero se prima non entra nelle “tue” stagioni: concavo e convesso (il concavo soltanto non basta)
La farcia è così, non è solo la sua ansia di pieno. C’è anche quel vuoto da colmare, e quel vuoto non è un vuoto qualsiasi; ha una sua forma precisa, ineludiblie, nominata. Quanti Gennai, dunque, a farcire una Brioscia!
– 3 Gennai orsono… la luna dilagava e tu c’avevi una cassetta di colori che m’innamorò di te (ancora la conservo gelosamente)
– 2 Gennai fa c’era tutto lo stretto necessario (c’è ancora e sempre ci sarà) e tu hai avuto gli otto passi, come un destino del corazon …
– Gennaio scorso ti portò rotte, funerali di mare e compleanni di Concettina
In questo Gennaio, tra le altre cose, la notte vive a casa tua e le parole cazzafrulle segnano il (tuo)Tempo.
A Gennaio tu stai spesso male. Ma soprattutto lo immagini, somaRizzi, è un male di trasformazione, tipo febbridi crescita. Ti crescono le intenzioni, mettono i dentini. E’ solo l’inizio.
A a Gennaio (l’interminabile iniziatico Gennaio) sembra accadere tutto (e tutto “comprende” sempre il suo contrario “niente”).
Gennaio è un prologo faticoso, una prolessi ambigua. Lo si capisce dopo … cosa diverrà, che sarà (Crisalide o Faloppa?) Prima invece ci si disorienta, prevedibilmente.
No, la (tua) casa non è “troppo” piccola. La casa è farcita.
E chiede altra forma per altra farcia. Sbombica di necessità nuove, non solo di intenzioni.
E’ pronta insomma. Insieme a tutto il simbolico. Chiede il cambiamento. E lo avrà.
La finta primavera di gennaio incoraggia solo chi è “pronto” a interpretarla (pure il mio ardito gelsomino ha tentato boccioluzzi imbrinati. Creatura!)
Pane burro e blu cobalto è squisito. Ma mai quanto la Brioscia mia gustata a pranzo, in ultimo giorno di Merla, che sorride davanti al Riso del Momento, al cambiamento possibile, all’amistad.
P.S.
Oggi è ancora 31 Gennaio, anniversario dei 100 dalla nascita di Atahualpa Yupanqui, galopiador contra el viento (como ti, verdemilongante comadrita!)
Ma certo, Stefaniadebabel, e c’è anche pane miele e verde veronese, biscotti e blu oltremare, e giallo di napoli e rosso di marte, e ogni sapore o rancore o furore che ti venga in mente…
moltorumoreper, l’inizio dell’anno (che poi è una finta, l’inverno è già quasi alla fine, e tutti gli altri cicli di natura e cultura sono a metà) è un tunnel, una forca caudina, una ribellione del corpo.
Herr, da anni cerco un architetto dell’anima, e trovo solo quelli dei muri (e comunque la mia casa è già così, coi sogni a mollo nel lavabo, la cucina a fuoco lento sulla spiaggia e i materassi sul tetto: solo che la casa è un organismo, e cambia pelle e desideri e gusti e ci disorienta, qualche volta).
Arimane, non è neanche freddo perché è tropicale, come tutto il resto: hai notato i barracuda sul bagnasciuga? E gli aironi azzurri poco prima dell’alba, a tutti i semafori? Ha un destino difficile, gennaio. E il clima non lo aiuta, non ci aiuta.
Mi chiedo quali siano ” i soliti rimedi psicosomatici” per stare meglio…
Ci ( o mi ci) andrebbe uno specchio speciale,
di quelli che non riflettono solo le stanze, le cose, le persone,
uno specchio radiologico dell’anima, o quel che è,
il coso lì di dentro,
che uno se lo guarda,
se lo vede,
non soprassiede.
Magari si sgorge ferite inusitate,
o gioie dimenticate,
carezze tralasciate,
i fiori che mandò la cugina,
il merluzzo che stava in cucina, all’epoca della nonna Carmosina.
che casa palpitante, madame brioche, vedrai febbraio è già alle porte e la mimosa non tarda a fiorire.
ahi comadrita, que amistad. Io non lo avevo capito, ma il pranzo di ieri è stato proprio un sigillo di gennaio, e l’inizio, la semina del nuovo. Quanto m’è piaciuto, vederti assaporare con le dita golose ogni singola cosa, ogni panatura e polpa di ceci e salsina di yogurt e pane caldo alle olive e quella stupenda crema gialla attorno alla tortina di mele e limone, così attenta, così dimessa e provvidenziale. Come m’ha confortato, sapere che ci sono gesti, e parole, che ancora ci salvano.
Questo gennaio finisce con gli specchi, che moltiplicano, e col cibo condiviso. Chissà.
vieenblues, beh gli atti psicomagici, è ovvio. Noi li coltiviamo da sempre. Ma credo lo facciano tutti, solo che non sanno perché.
Mariusso, caro Mariusso Pappù, il merlusso appare ogniqualvolta mi metto il mio vestito con la tetta paietta, merluzzato a dovere. Appaiono cose che noi umani. Gli specchi ci stanno qui apposta, per dirci quello che non vediamo. Perciò ne voglio di più.
felipito querido, tu sì che lo sai, che non hanno segreti per te, le mimose e tutti gli altri del reame verde. Febbraio è qui, e oggi ha fatto piazza pulita di ogni azzurro. Che sia chiaro. Anzi, scuro.
ci pensavo oggi a una vecchia casa che era costretta a crescere, moltiplicando le pareti, per poter contenere tutto ciò che mia madre comprava.
Il tuo modo di raccontare la casa mi inquieta. Vuoi forse dire che quando sposto i mobili (e lo faccio spesso, come molti) è lei che mi spinge? Non sono io che decido, ma la casa e la stagione? Forse è addirittura lei a farlo, a mia insaputa. E io che pensavo di avere il controllo almeno su qualcosa nella vita. Così la mia psicosi subisce un duro colpo.Un saluto, Brioche, affettuoso come sempre.
Oh quella tua finestra sullo stretto… e, ora, con uno specchio accanto che te lo restitisce ancora in immagine ,oppure dà allo stretto la tua ,perché gli manca e ,di sicuro.
Com’ é consueto dopo la lettura dei tuoi testi,mi sento come mi avessero rivoltata, tutte queste sensazioni-emozioni che ti arrivano e ti toccano in ogni parte del corpo.Questo gennaio qua che non é un qua per me, é duro e grigio e per nulla mobile come lo descrivi tu e allora i gelsomini se ne stanno chiusi dentro una coperta.
Siamo entrati in febbraio e in carnevale. Ma non era febbraio il mese delle febbri?
condivido integralemente
Cara Brioscia, farò una cosa che da te non ho mai fatto: scriverò questo commento senza leggere quelli degli altri. E questo perché, leggendo, stavo pensando a un soffitto di stelle fosforescenti di (ormai) molti anni fa che volevo passarti, essendo stato per me di grande conforto, per poi trovarlo già qui, solo due righe più giù… E tu non sai quanto io possa capirti. Gennaio lo somatizzo anch’io, nonostante, o forse proprio perché ci sia nata… E’ un mese che mi capovolge tutti i pensieri e le budella, anche se mi oppongo con tutte le forze. Sto sempre male.
Però ce l’abbiamo fatta, ora siamo in febbraio, strada in discesa che porta verso la primavera (nonostante il grigio di questo nord, ci crederesti mai? qui si sente già quell’odore nell’aria). E se non bastasse, basta abbondare con la cioccolata fondente!
Un abbraccio. Chocolate
*
…per piazzarlo sto’ specchio,
sono sfuggita ad un Capricorno
incazzato nero !
ha detto che s’acqueta solo se
gli piazzi una poltroncina di vimini
‘mbaccio allo Stretto e gli prepari una coppa di ciliegie,
di Giugnnàio.
bisousmiroirés!
*foto Doroty Gantenbein
Ce ne fossero di case così vive..
Io psicosomatizzo tutta la stagione invernale. Mi piacerebbe andare in letargo e svegliarmi col tepore primaverile. Va meglio ora che febbraio è cominciato?
Carnevale sta per finire e arriva la Quaresima, e dopo, col governo Berlusconi, invece di somatizzare si trattera’ di sodomizzare…
Io mi son messa a fabbricare oche volanti giganti di fil di ferro e carta velina, per sopravvivere a gennaio. Ma febbraio è tutta un’altra cosa: si semina, anche se è presto. E l’alba arriva che la vedi ancora nella vasca e non già a metà viaggio in treno. (Ho incollato alla finestra un altro sassino trasparente, per farci passar la luce: la mia casa agli specchi preferisce cose che ci si vede attraverso).
le tue metafore sono strabilianti!
la casa si adatta, si trasforma, manda segnali, umori, odori. Una crepa l’attraversa come una ruga di un desiderio inespresso, soffocato. Certo vuole specchi per ammirarsi riflettersi e moltiplicarsi. Scongiura l’inverno grigio con una tenda arancione ai vetri della cucina, il cuore pulsante!
Sono contenta di aver trovato una casa così bella!
Giulia
per quanto più lungo, questo febbraio sempre corto è;
tornerai a farti viva a marzo o che?
Ho le vertigini.
volevo dirle che ha posta.
cordialmente.
d.
Il tuo blog è stata una bella scoperta, come apprendere che sei anche tu di quella mia stessa terra di mezzo che si trova tra lo Stretto e l’Isola. Questo tuo post mi ha riportato alla mente parecchie mie notti e mi ha fatto venire il bisogno di raccontarne una parte, così come hai fatto tu.
L’ho fatto qui http://scarlettword.blogspot.com/2008/02/la-notte-riempie-il-giorno.html
Grazie per il bel volo fantastico che mi hai ispirato…
Scarlett
io sposto i mobili a settembre. è lì che comincia l’anno.