Pablo, certamente. Ma anche Federico, che sono parenti di sangue – sia pure con l’oceano nel mezzo, e una collezione di polene sul terrazzo cileno. Dall’Est viene Wislawa, con spighe d’ironia tra i capelli, e monetine che tintinnano nelle tasche.
Le camminano accanto Saffo dalla voce viola, Emily col colletto ricamato e api d’oro ronzanti, un giovane gobbo – Giacomo, mi pare – che si rigira tra le dita magre un plenilunio.
Dietro gli altri, a piccoli passi sulle gambe corte, trascinando un poco le ali spropositate da arcangelo, un romanziere messicano dai grossi baffi a manubrio, che tiene per mano una ragazza di vent’anni con occhi vecchissimi, che – mi pare – si chiama Olguita. Nell’altra mano ha una lattina di cocacola. Li segue un detective guercio, che borbotta qualcosa tra le labbra secche, e zoppica.
Un tizio pallido si difende dal sole con una paglietta: ha scarpe bianche e nere, redingote e una cravatta di seta fermata da uno spillone. Va a letto presto, solitamente, eppure nelle sue occhiaie si raccolgono innumerevoli tempi perduti, o ritrovati.
"Vi ho convocati" dico loro, e mi trema un poco la voce, sotto la pensilina altissima dei pini canadesi, dentro l’Orto botanico che sta dentro il quartiere che sta malamente dentro la città che sta dentro l’isola che sta dentro il mediterraneo che sta chissà dove, tra terre e fondali.
"Vi ho convocati – ripeto, mentre sole e ombra ricamano qualcosa che sembra avere una forma, un senso – perché ho bisogno d’aiuto".
Taccio, e nessuno di loro si scompone. Le api d’oro di Emily ci volano alte sul capo, a mezza strada tra il tetto di vetro della serra e la sottana di dio, che non era stato chiamato ma si sporge lo stesso, per guardare.
"Attenti, lassù" gli grida il messicano, e solleva la lattina verso il cielo, prima di bere una lunga sorsata che gli lascia umidi i baffi di gondoliere. Dio gli fa un cenno, e sorride.
"Dobbiamo dare una mano alle parole" aggiungo.
"Ma non lo facciamo sempre?" la voce di Emily è educata.
"Appunto" dico io.
"Sapete, ieri molti amici miei hanno mandato le scritture per strada, per catturarne altre. Lenzuoli, cocci, mattoni forati: hanno scritto dappertutto, anche col dito sull’aria, sul vetro appannato, sul muro dei desideri. Le parole sono esplose, salite negli strati alti dell’atmosfera, scese a precipizio: alcune navigano, altre rotolano o nuotano ancora". In molti annuiscono, specie il detective semicieco, e un altro cieco che è dietro di lui, la fronte ampia e candida come una nuvola.
"Oggi dovete aiutarmi voi, a mandare per altre strade altre parole".
Si guardano l’un l’altro – tranne il tizio pallido con la paglietta, che ha qualcosa in un occhio e lagrima, il fazzoletto in mano – bisbigliano qualcosa. Wislawa parla fitto con una donna di nome, mi pare, Alda, che ha un vestito a fiori enormi e occhi pieni di pagliuzze: qualcuna è d’argento puro, qualcuna d’acciaio, qualcuna di vetro. Gesticolano entrambe.
Federico, bello e andaluso, misterioso come un giglio, fa un passo avanti: "Va bene, ti aiutiamo noi".
Fanno tutti cenno di sì, tranne il messicano che beve ancora cocacola, Olguita che sta sfilando il portafogli dalla tasca di Giacomo, Saffo che accarezza una pianta vellutata, nel giardino delle erbe aromatiche: certe piante hanno desinenze molto antiche, a sfiorarle. Anche Pablo è voltato da un’altra parte: si fa schermo con la mano, guarda il giardino delle piante grasse, in faccia al sole. Alte o accoccolate, le braccia levate, gli spini: le piante grasse sono un teatro immobile, circondato di sassi. Linfe straniere comunicano in modi imprevedibili coi succhi dell’isola, là sotto. Pablo segue attentamente questi dialoghi, annotando qualcosa tra sé e sé.
Sapevo di poter contare su di loro. Ci sediamo tutti attorno alla fontana vuota, che è un circolo di muschio vivo, e scriviamo, scriviamo, scriviamo. Il giorno passa sulle sue gambe lunghe, posando con attenzione i piedi oltre i pini giganteschi e il leccio e i salici che dicono sempre sì (Molly Bloom, non vista, tenta di passare, ma i custodi la fermano all’ingresso). La notte viene e noi scriviamo ancora. Dio s’affaccia ogni tanto, per vedere a che punto siamo, e lascia penzolare la veste dall’orlo e tiene in mano una lunga piuma d’oca, anche lui.
Il messicano finisce per primo, e stappa un’altra lattina. Il suo collega romanziere argentino, di nome Julio, si passa la mano tra i capelli lunghi e completa la parola "tigre", che subito prende vita e balza dal foglio, e comincia ad aggirarsi tra i vialetti, con occhi di smeraldo furioso. Un altro argentino, seminascosto nell’ombra, ferma la tigre e le accarezza la testa striata e selvatica. Sorride, e non diresti ch’è cieco e vecchio e profeta.
Alla fine, lasciamo libere le parole, che si disperdono tutte, chissà dove, infilandosi tra le grate e la città, tra i marciapiedi e le macchine, tra i canali di scolo e le aiuole, tra le stelle e la notte.
Il detective guercio chiude dietro di noi il cancello, che cigola un poco.
Oggi, che sono passati due giorni dalle Scritture di strada, la cosa magnifica messa su da un pugno di indomiti blogger capitanati da Effe, mi unisco artigianalmente a quest’operazione di mescolamento delle acque, di riconversione e inversione delle scritture e delle direzioni: metterò su parabrezza, muretti condominiali, buche delle lettere eccetera eccetera parole a caso, sperando che qualcuno le trovi, e si trovi. Meglio poi, e altrimenti, che mai.
Ecco dov’eri finita!…
Ed io a cercarti, cercarti… uff! chè il cyberspazio è grande…Va’ a sapere che li convocavi tutti, proprio tutti.
Ed io che, leggendo ,dicevo tra me e il mio doppio “sta’ a vedere che mi si dimentica Jorge, el viejo…” e invece no, eccolo lì,dulcis in fundo… tra le “succulente” dell’orto.
🙂
O.T.
Io stanotte ho scritto nel buio semilunare; persa in altri giardini, ho sognato il mio prossimo post. Ergo ti chiedo: valgono le scritture oniriche di giardino?
non m’avevi vista, nascosta dalla palma secolare, sotto i pini canadesi incurvati per lo sforzo di sentire anche loro… e come potevi pensare che mi dimenticassi del viejo… lui stava lì, a vedere al modo dei ciechi, e intendersi segretamente con la tigre…
Inoltre, le scritture oniriche valgono doppio, o anche triplo, specie se lunari e immerse in altre fronde… quindi… le aspettiamo con ansia…
(piuttosto, sirena dei mari d’inchiostro, che ne dici venerdì di disporre un tavolino, o anche un quaderno volante per una scrittura da milonga? “scriveteci un pensiero sul, dal, con, per, in, tra, fra, nel tango…” scritture di caminito, direi…)
Lasciate una parola
alle foglie e sulle foglie
in quel mirifico giardin di fronde:
chissà che una ninfa uscita da le onde
o una sibilla persa nello stretto
non vi lasci un suo detto…
Marius
molte brioches erano nei miei barattoli.
una Conserva di Zio Nino e il Musichiere.
una Composta del Giorno dei Morti.
una Marmellata di Appunti della Casa che Muore.
un bacio
bene.
perché ho visto, qui, un attaccamento al primo maggio fuori dal comune.
bene,
son tornate le brioches, dolci e croccanti,
finalmente.
remo
fluenti le parole di strada, veloci, lente, dolci, aspre, carezzevoli, pungenti, sferzanti, corroboranti, vivificanti; partite dagli orti della trinacria o scese dalle montagne della svizzera sono arrivate qui, alle foci dell’Eridano, a consolare la mia solitudine.
…le parole apposta si scrivono su libri di sabbia: giusto perchè prendano il largo (il basso, l’alto, lo Stretto…).
🙂
Baricco ha protestato per la mancata convocazione. Ha accusato Lui di non aver letto la sua ultima opera.
Lo so, le parole servono, sono importanti e poi tante volte scriverle è una gioia, un piacere grande. Qualche volta però metterle in fila fa male e le parole che scrivi sarebbe forse meglio che le tenessi per te. Lasciarle andare può essere pericoloso.E tuttavia…
oi mén, oi dé.
Venerdì metterete davvero un tavolino a raccogliere parole e ritmi, passi e paragrafi, scritture e partiture.
“Parole in cam(m)inito”, con la benedizione del Viejo e di Gardel e del magnifico Doganiere dai sogni terribili e quieti.
Marius, non c’è niente come l’Orto botanico, pieno di foglie che sono fogli… (le prossime Scritture, volendo, si potrebbero far qui, tra il vialetto delle piante aromatiche, la serra e la catalpa bungei che vive sul fuso del Giappone)…
Flo’, io prendo il bacio: è la confettura più dolce di tutte… (grazie)
remo, il nostro elevato sentimento istituzionale ci ha impedito di uscire dal Primo Maggio per molti, molti giorni. Ora, l’elezione del compagno Napolitano ci conforta quel tanto necessario che consente di andare avanti con ritrovata fiducia…
farsergio, le parole fanno egregiamente il loro mestiere, quando volano, girano, turbinano, scorrono e vanno… dove devono…
Col, ci sono – si disse un tempo – scritture di golena, di terra marna, di dolina, di montarozzo di pomice, d’acqua nell’aria e nella terra…
aquatarkus, ecco chi era quel tipo coi capelli lunghi e la camica bianca che il servizio d’ordine ha buttato fuori! accidenti…
setteparole, le parole non di rado, e forse sempre, sono coltelli con due lame. sono sortilegi cattivi, sono verità che spaccano i mondi… è il prezzo che si paga…
Herr, oi oi… ebbene sì, vada qui: http://www.tangoquerido.com/index.htm, dove c’è già, nero su bianco e pixel su pixel, il Tango d’inchiostro che comincia a spandersi… (e ci sarà Gardel, oh certo, e anche altri, seminascosti nell’ombra)
Se tu avessi invocato anche i minori (o i minimi), con quella tua voce, io non avrei resistito. E invece sono rimasto chiuso in casa a batterei sui tasti. E scrivevo:
Anna, certamente, ma anche l’altra Anna, che s’incontrano in volo, provenienti da opposte direzioni, proprio in un rettangolo di cielo sopra di me, dove un nuvolone montalianamente si smaglia e…
ti sbagli, giowanni: io ho chiamato proprio tutti, e sono certa che c’eri anche tu, si sentiva distintamente il ticchettìo, il segnale morse della scrittura che si scrive, intanto…
sai pochi anni fa, assieme ad un amico, abbiamo aperto un blog intitolato storiecheviaggiano. accoglievamo pezzi di amici e poi li stampavamo e lasciavamo sulle panchine, sui portapacchi delle bici, sui tavolini dei bar…
ecco, questa cosa mi ricorda un po’ l’altra, anche se questa volta, quelli che scrivono sono gli altri
ciao
che assise. e quei posti occupati all’ultimo, Cortàzar e Borges. Diciamo la verità. Io me la sarei data a gambe. 🙂
verdemare, ma quel blog esiste ancora? perché non riaprirlo, e contribuire un po’ tutti, quando e come si può?
ciao kresh, guitto del mio cuore. darsela a gambe? scherzi. erano tutti lì per noi.
Quasi O.T. forse no
Ecco, mia cara, sono andata dal Signor Effe in persona pissonalmente e glielo ho detto: gli ho detto che quaggiù a Messina, avamposto del nulla culturale, ci sarebbe piaciuto assai raccogliere “segni per strada tra gli ignari passanti”… ma dobbiamo avvederci che la provincia non è pronta e che noi siamo in pochi.
Insomma gli ho spiegato che io e te, Madame la Brioscia, camminatrici di tango e di scrittura, ci siamo ritagliate un’idea che possa sfiorare e onorare la “Giornata Nazionale delle Scritture di Strada”.
Ci è ventuo in mente (onore al merito: più a te che a me) per questi giorni, un “Tango d’inchiostro” o meglio ancora
SCRITTURE DI MILONGA
“un quaderno volante per scrivere
pensieri personali sul, dal, con, per, in, tra, fra, nel TANGO”
http://www.tangoquerido.com/
Feci bene? Feci male? Dici che vale?
Trovasti intanto l’adeguato supporto cartaceo?
Lo scopriremo solo vivendo.
Ci si vede ce soir scerì
🙂
trovai, trovai, querida farolita, e stasera esibirò il materiale (che l’immaginario è faccenda ulteriore).
Sappiate tutti che scriveremo la milonga, o la milonga scriverà noi, che già fa d’abitudine, con le impronte dei passi sulle scarpe e sul parquet e nella mente.
I dettagli domani, direi.
splinder fa le bizze.
allora. sì, certo, il blog c’è ancora. lo puoi trovare tra i miei links, ma è fermo da un pezzetto. l’ultima cosa postata è una bellissima poesia di angela.
ma sai, ognuno di noi potrebbe stampare, previo assenso, dei post che gli piacciono e lasciarli in giro con il riferimento del blog, ma cmq se ne può parlare.
:))
buona serata di tango.
Ah, che invidia! ;((
Approvo incondizionatamente & apoditticamente la scelta felicissima del bellissimo douanier Rousseau,
ecco,
felice mi facesti,
già.
Marius
con quelle compagnie era inevitabile che la Giornata fosse quella meraviglia che è stata. peccato che nelle mie foto non siano venuti. ma va bene anche così. anzi, va a meraviglia ;o)
l’ambientazione dell’orto botanico é perfetta! sei sempre magica cara brioche..
brezza, io amo davvero quest’Orto, che è vicinissimo a casa mia, magico e frequentato da pochissime persone. ho sempre pensato che il vero mestiere che vorrei fare è custode dell’Orto botanico (ha una casetta deliziosa, col tetto spiovente, le imposte di legno e le rose), ma pare ci voglia la raccomandazione almeno d’un Capo del Governo.
Oh, quanto piacerebbe anche a me fare la custode all’Orto Botanico di Roma, o in una delle magnifiche ville/parchi. Buone scirtture di milonga
I dettagli, i dettagli, per favore.
¿Potremo in qualche modo, in qualche tempo, vedere, sentire, leggere, toccare queste scritture di milonga?
¿Fino a dove volerà questo quaderno tanguero?
¡Más detalles, más detalles, por favor!
…un albero, delle scritture…
Per la tua lettera
iniziale
la più bella
fra tutte
segno d’ispirazione
e di visione.
Per la tua lettera
finale
racchiude in sé tutte le cose
segno di compimento
e di ritorno.
Per il numero 12
in qualche modo
gli appartieni.
Per il sole
per la strada*
dimenticata
e per le cose
a cui alludono.
Perché non mi hai ferito
perché non mi hai allontanato
perché non mi hai sgridato
perché non mi hai separato
perchè non mi hai barattato.
(nell’estate 2001, ad Acqualagna, fotografai questa “scultura”
di Gesine Arps cui un suo amico,
Claudio Fabbri, aveva dedicato questi versi…
*la strada, la Flaminia.)
ti abbraccio…
e ti concedo il posto da custode
dell’ Orto , perchè io!,moi, c’ho già prenotato quello di custode del Faro, qui giù
(su? ‘nzomma sul Continente).
Ecco qua … pant pant…
Mi sono coricata alle 4.00.
Mi svegliai alla 12.00 e subito mi misi all’ozioso lavoro di trascrittura, formattazione trancodificazione: dalla manografia al pixel.
Altro che “más detalles, por favor!” aitanito!
Sono le 18.00 e, uora uora tra i crampi della fame, finalmente ho completato il mio lavoro di Cyber-amanuense.
Son pronte le Scritture di milonga ovvero tutti i vari tanganti pensieri
raccolti ieri ai bordi di una milonga sono on-line sul sito querido proprio qui o qui:
http://www.tangoquerido.com/scritture%20di%20milonga.htm
E ora mi merito un panino e/o una mordida.
vero briò?
🙂
N.B.
Per la documentazione fotografica riamdiamo alla prossima. Chè qui siamo in due, poche ma buonissime, ma sempre in due.
O.T.
Il pargolo sfebbrò?
ritento il link!
SCRITTURE DI MILONGA QUI
Riusci!
Per l’adeguato commento rmando a tempi, modi, voglie, talenti della reportistica briosche.
🙂
Hai dimenticato di chiamare il ligure del girasole. Lontano, dalla sua terra bruciata dal salino, ti grida anche lui parole, giuste dopo il silenzio. Ti grida di parlare fra voi, dopo aver nascosto l’ostile lampada nell’abat-jour, dopo aver calato le tende sulla notte. Di parlare parole che rifiutano la carta di Fabriano, che chiedono i tasti dell’olivetti , che preferiscono il sonno nella bottiglia. Parole che si celano nei dizionari, aspettando di essere dissotterrate dal cercatore di tartufi. Di parlare parole che, in fondo, rinunziano ad essere pronunziate.
;-))
il tuo resoconto è bellissimo, lo leggo solo ora e mi sembra davvero bellissimo.
Mi avevano parlato di lei Mangino brioches, credevo fossero malignità “sai quella lì è brava, è capace di tutto, prende la parola e la travolge oltre che stravolgerla e bla bla bla…”
ma non credevo che la gente fosse
così sincera alle volte…
Guarda te, scopro veramente una scrittura da orgasmi multipli!
Me lo consente vero?
Brioches querida,
arrivo in ritardo ingiustificato ma meglio radi che mai, specie quando ne vale la pena !
Che dire di piu’ dopo l’acclamazione degli altri Bloggers ?!?
Brava brava bravissima, bis, non farci aspettare troppo a lungo per le tue prossime scritture ! 🙂
Passo a lasciarti un sorriso, e ti rubo un brandello di sogno.