Il Primo maggio sapeva di sudore e panini con la mortadella. Al tempo di mio nonno comunista c’era il corteo con le bandiere, e qualche volta pure la banda municipale, che non si capacitavano ancora, d’avere una democrazia intera da festeggiare, oltre che da litigarsi fino alle mani, davanti ai seggi o sul sagrato della chiesa o sulla porta della sezione.
Era un tempo ancora greco, in cui si discuteva in piazza, ogni passo una parola, e mio nonno non lo sapeva, che aveva la quinta elementare, anche s’era uomo acuto dall’anima piena di spazio, ma “agorazein” era esattamente quello che facevano, girando in tondo settanta volte sette per sviscerare il problema delle lotte contadine e del Meridione e delle gabbie salariali e della villa del podestà e della fontana pubblica e dei nuovi vespasiani.
Il Primo maggio, all’alba, passavano i camion a prenderli per portarli tutti in città, con centoventiquattro tornanti nella pancia e polvere di ricostruzione addosso. E il fazzoletto, rosso.
Cantavano e marciavano per tutta la mattina, e poi si raccoglievano sotto il palco, coi loro avambracci e mustazzi e panciotti operai di una terra senza opere.
Dal balcone dirimpetto, dietro le tende a mantovana, i mammasantissima con l’anello di rubini li guardavano sorridendo: “assatili mi iocunu”.
Il Primo maggio di mio padre aveva il doppiopetto e i giornali sotto il braccio. Ora la piazza s’era già allargata, tanto da sconfinare un poco nella tv, un poco negli stanzoni del sindacato – con le pareti gialline e la sputacchiera all’entrata – un poco negli altri palazzi di pietra grigia che sorvegliavano la piazza, seduti come sfingi. Un poco nelle tessere, che il segretario teneva in tasca, legate con l’elastico, e corrispondevano a una fitta serie di numerini che qualcuno dettava, sillabando piano, al telefono con Roma.
Il corteo aveva striscioni di ogni colore, e noi ci affacciavamo al balcone per vederlo passare, perché era inevitabile, anzi necessario.
Sui muri, i manifesti con gli angoli scollati oscillavano piano alla brezza e all’onda d’urto di quelli che sfilavano, seguendo il megafono che intonava gli slogan e le vecchie canzoni.
Intanto, la prima fabbrica del polo siderurgico già se la mangiava la salsedine, in riva alla spiaggia, e gli uccelli marini nidificavano nelle ciminiere abbandonate di Saline Joniche.
In qualche sottoscala, dietro una masseria che odorava di fieno e latte cagliato, c’era chi oliava – con gesti lentissimi – una mitraglietta di fabbricazione sovietica.
Nella scuola occupata il Primo maggio era una festa ininterrotta.
Avevamo tutti un immenso corpo collettivo, che pure non ci privava delle gioie e dei dolori del nostro corpo individuale. Però lo sentivamo distintamente, muoversi e riempire tutti i corridoi, le aule con i lenzuoli appesi che ancora gocciolavano vernice, il laboratorio con le scale a picco e lo scheletro di sghimbescio sulla porta, dove qualcuno si nascondeva a fare esperimenti con la lingua. Lo sentivamo agitarsi, fremere nel sonno, che era breve e scomodo, sui banchi uniti per lungo, e affollato di sogni, che erano gli stessi che avevamo da svegli.
La musica entrava per traverso, in quei sogni, ne era la traccia profonda, e poi ci gettavamo dentro ogni cosa: i simbolisti francesi, i beat americani, i giovani Werther, il tempo perduto che ci sembrava di ritrovare noi per la prima volta, e lo tiravamo fuori, così nitido e nascente com’era, così luminoso, che nessuno ci avrebbe potuto convincere che il mondo non era nostro, non era appena nato, non era una parte di noi.
Galleria di primi maggi, in omaggio alla vena e all’arteria proustiana che anima i blog e il mio in particolare. Oggi, che il Primo maggio è un giorno di gite fuori porta e concerti, mi pare un altro mondo, o anche altri due. Ma quanti mondi riusciamo ad avere dentro?
In pratica hai copiato il mio post. Ci hai aggiunto qualche svolazzo rococò, ma, in buona sostanza, hai copiato il mio post. E questo non è corretto…
L’Italia è una repubblica fondata sul riciclaggio, shemale?
Il dipinto di Guttuso, i Funerali di Tolgliatti che per primo compare mi è sempe piaciuto.
E anche il tuo scritto, che non è un post (che è una parola del cazzo) ecco.
E non avrei altro da dire: è che resto sempre meravigliato per quello che tu vai a cogliere, a vedere, ad annusare.
Il manifesto con gli angoli scollati, ad esempio; i sottoscala, gli anditi riposti dove magari si stanno svolgendo o maturando germi di storie grosse.
Il Kalaschnikov……….
MarioB.
Sono felice di festeggiare ancora un primo maggio, uno diverso, ma sempre uguale. Forse oggi i contorni non sono così netti, nè così romantici come quelli delle tue proustiane descrizioni, ma sono sollevata al pensiero che esista ancora questa festa.
mi associo, riciclo anzi, il mario bianco. Compagno. Di merende.
remo
E’ da un po’ di tempo che il primo maggio, anche dalle mie parti, piove.
Sulle piazze e sulle scuole.
niente, io propendo inevitabilmente per le immagini. con meno pigrizia, avrei fatto e messo disegni memoriosi, invece che sole foto.
Scusate un tragico ricordo:
l° maggio 1947 e a Portella della Ginestra si compì la prima strage dell’Italia repubblicana
Per me, il primo maggio, anche se certe volte piove piove, anche se qui portano in festa il santo, ha il profumo di un’altra primavera, ha il profumo delle idee ancora nuove. Ha odore di rosso. 🙂
(conosceremo tutti i mondi, signora. Tutti i mondi)
Il primo maggio era il rumore dei passi, che se mettevi orecchio a terra li sentivi scuotere il selciato, e sembravano provenire da dentro il mondo, dalle sue vene, dalla sua memoria.
Passi chiodati, passi pesanti, passi da scarpone vecchio di cuoio.
E ogni passo percuoteva il mondo e lo faceva tremre, terribile.
Adesso i passi sono leggeri di Tod’s, e non smuovono la terra, e passano lievi e non lasciano segno.
Il primo maggio fa musica e parole.
Ma non fa più rumore.
e allora, riallacciando al commento di effe, il primo maggio era stridore di cingoli, ruote gommate, aguzze ogive puntate verso il cielo, in altre piazze rumore di passi leggeri, cimbali, campanelle, rossi libretti agitati a tempo, ma era anche il ricordo delle lotte contadine di fine ‘800, dei primi scioperi, dei primi collettivi, della rossa Romagna… ognuno ha le proprie radici, e nei concerti di oggi trova, se vuole, il loro ricordo.
S.
ps. come già ti ho detto mi piace il tuo modo di scrivere, ho linkato il tuo blog.
Marius, dappertutto germinano storie, è che non le sentiamo sempre, o lo sappiamo molto, molto dopo… (sì, i funerali di Togliatti sono una festa rossa, come sono sempre le feste rosse, con un orlo di dolore, come sono sempre le vittorie rosse, con un orlo di sconfitta).
setteparole, resta una festa necessaria, se non altro come contenitore dei nostri ricordi.
remo, il compagno Bianco è Rosso, come noi ben sappiamo.
Pseudolo, piove sui loro vestimenti leggieri…
beneforti, le immagini sono l’inevitabile testo.
aquatarkus, è un odore complesso, il rosso, pieno di strati successivi e onde contraddittorie. però, come diceva commare Flounder, “rosso è rosso”.
Herr Effe, era un Primo maggio tellurico e potente, ma da qualche parte esiste ancora. I mondi hanno, tra gli altri, questo segreto: immagazzinano i rumori…
grazie farsergio, anche per la tua raccolta di immagini e rumori. Diciamo che ogni post è un pre-testo: il testo ce lo mettete voi, ciascuno portando immagini, suoni, parole, ombre d’altri mondi.
ero convinta di averlo già commentato questo tuo bellissimo post, ha sapore di storia, ma non di storia vecchia e appesa alle pagine retoriche di un libro, ma di quella storia di piccole formiche che si muovono e si agitano in un mastodontico formicaio. Questo post è una visione, ed ha una visione che ci appartiene generazionalmente. Mi chiedo e, sarebbe interessante scoprirlo, quale visione avranno i nostri figli di questi giorni…. lo sapremo mai?
lasciassi pure 200 commenti tutti uguali, li lascerei tutti, per affetto e per stima, credo, no, anzi, sono sicura. baci.
Il primo maggio era la macchina scassata della Camera del Lavoro.
Una bianchina beige.
Con l’altoparlante doppio, a campanella(quello che diventava “autoparlante” nelle storpiature del dialetto), passava per le strade e diceva, con la voce di mio padre: “E’ il primo maggio, cittadini, la festa dei lavoratori”.
E ti sentivi dentro un insieme, nonostante gli sfrigolii di sottofondo e i borbottii del compagno che guidava.
E c’era il sole.
Salve cara,ho fatto per tutti voi partecipanti alla settimana artistica un piccolo regalo, ma ho bisogno dei vostri indirizzi e-mail per inviarvelo,quando puoi passa da me e lasciami il tuo indirizzo,
Pensierointero
hai scelto un dipinto mitico per illustrare il tuo post io me li ricordo quei primo maggio li’ era un fiorire di bandiere di striscioni di slogan e di discorsi di un mito che ci ha lasciato troppo presto poi si finiva anche al concerto certo… ma il primo maggio ERA il discorso di berlinguer…
Bisogna assolutamente che io riprenda a leggerti (mi sono perso qualche post)… Forse persino a corteggiarti. Avrei una proposta da farti, ma sono timido! Tu mi intimidisci (non scherzo).
G
Per me il Maggio è il più musicale dei tempi e degli spazi. Colto e popolare, il Maggio canta da sempre. Dal primo in poi…
Tu canti?
no, palommé, non lo sapremo. e forse è meglio così…
colfavore, a questo punto è certo: la meteorologia è una scienza interiore….
grazie, pensierointero, volo a consegnarti l’indirizzo (che tempi, in cui le lettere arrivano nel momento stesso in cui partono…)
ilprimopasso, ci manca, ci manca tanto quella figura lì, in mezzo a tutte queste mezze figure…
giowanni, io non intimidisco nemmeno il mio gatto. forse un poco il pesce rosso, ma probabilmente è solo altezzoso, e io non lo capisco. (comunque, sappi che adoro essere corteggiata)(evvabbé, ognuno c’ha i suoi difetti).
io decanto, Giocatore, ma mi piacerebbe incantare, molto.
Que viva il lavoro, siempre!
il lavoro è una risorsa protetta, ormai: ce n’è sempre meno per tutti. come il petrolio, l’acqua, l’amazzonia o l’amore. ahinoi. (ciao farolit, ho appena lasciato una cosa sul tuo blog: telepatia, come sempre…)
bel post il tuo.
Comunque nella scuola o in piazza la sensazione allora era in fondo esattamente la stessa, quella che il mondo appartenesse a chiunque volesse fare uno sforzo per prenderselo. Uno sforzo al limite del buonsenso, intenso, doloroso e coraggioso.
Bei tempi.
Primo maggio, resta una festa “civile” senza retaggi di antiche feste di solstizi o di equinozi riciclate ad arte.
E poi leggo di portella della ginestra una ferita, si è formata la cicatrice?
A Piana degli Albanesi è molto sentita, ma quest’anno l’amministrazione comunale si è invantata qualcosa di grottesco per il 29 e il 30 Aprile: La sagra del cannolo.
Vabbe’ direte voi, è che c’entra? La sagra un giorno e il primo maggio è un altro anche se consecutivi, non fa nulla…
ah dimenticavo, la madrina della manifestazione è stata Eva Enger. Questa scelta mi ricorda il calendario del parco dei nebrodi 2006, che si siano rivolti allo stesso genio del marketing?
ti dirò. Quel guttusiano corteo popolato di fantasmi ubiqui m’inquieta non poco, molto più distensivo è affettare la folla di parole stipate ad arte, al solito, e perdere l’orientamento, politico e geografico. Quelle tessere legate con l’elastico sono un patrimonio che i più oggi rinnegano, un errore che mai più rifarebbero, ma erano la faccia, meno esaltante certo, di grandi ideali (traditi). Ma la mortadella è rimasta. Non sarà più quella di una volta, ma è pur sempre un popolare insaccato… 🙂
A sentire Borges, infiniti mondi in infiniti modi per infiniti labirinti ci abitano.
Ciao Brioche
è pur però lungo assai, codesto corteo, che sfila dall’uno ed è già oggi il 4, e chissà che ne dice la Cabala
Herr, sto’ corteo sfila da circa cinquant’anni: se allunga il collo, può vederlo dalla finestra…
Elis, mai avuto dubbi sull’infinità del tutto.
kresh, la mortadella mi pare il nostro inevitabile destino. noi, che perdiamo anche quando vinciamo, e vinciamo solo quando ci accorgiamo di perdere…
felipe di noirgotan, ma secondo te sono sceneggiature, queste, e noi siamo – dalla Liberazione – dico noi siciliani, eternamente su “Scherzi a parte”?
mik4, bei tempi, allora che il mondo era immenso e parzialmente indefinito, come le nostre forze. ora il mondo s’è fatto piccolo, le nostre forze sono… forse…
Sempre tanti mondi, dentro. E ogni giorno dell’anno.
:-*
E’ la festa che amo di più, e quando ho scoperto che pur essendo nata prima della mezzanotte di quel giorno sono stata registrata il due, ci sono rimasta un po’ male. Per qualche anno, da giovane comunista quale ero, anticipavo i festeggiamenti. Poi ho lasciato che l’anagrafe avesse la meglio, e che il primo maggio restasse la festa dei lavoratori. Che all’epoca non lavoravo ancora. ;-))
vena non solo proustiana c’è verga e c’è gozzano miscelati in paolo conte.
Quando capito mi ricordo che mi manca questo blog
il primo maggio ero in volo ero in viaggio anche quest’ anno
ciao
Amo la tua scrittura, ma odio quel quadro di Guttuso, Anna. Quand’ero ragazzo, un nutrito drappello di “artisti” (al quale mi ero unito anch’io) lo ricopiò su un immenso cartellone da esporre alla festa dell’Unità. Ci volle un sacco di tempo.
Ti ho lasciato un messaggio privato (visto che mi hai incoraggiato, provo a corteggiarti…)
Quest’anno ho passato il primo maggio in una festa di gente di campagna. Una cugina di mia moglie, con quasi dramma per la famiglia, ha sposato un “sinti piemunteis”, era la festa della comunione di loro figlio.
Chi sono i “sinti piemuteis”? E’ gente di etnia zingara, divenuti stanziali da una/due generazioni, nei paesi di campagna. Un fenomeno sociale assai singolare.
Ci sarebbe voluto il tuo occhio e la tua penna, ne sarebbe venuto fuori un ottimo post. Atmosfere vagamente alla Kusturika, gran braci di carne ecc.
ciao bel blog sanguigno.