La notte bianca sa di festa, gintonic e argilla.
Le strade sono fiumi, e il lungomare ha riacquisito la sua sopita qualità di giungla sussurrante: gli alberi sono cupole d’ombra gigantesca, con enormi radici profondamente immerse nel passato.
Le città infatti sono fluidi, di densità diversa, che scorrono gli uni sugli altri, talora senza toccarsi: la città della notte bianca ha una pelle leggermente opalescente, come la pietra dei palazzi di prima del terremoto, o la corteccia del ficus magnolidea che sta davanti al mare da secoli, ed è l’ultima linea verde prima che il Continente finisca, sul bagnasciuga.
La città degli alberi del pepe, della gomma, della canfora, la città aromatica e tropicale è ben desta, e respira a vaste boccate l’ossigeno dello Stretto . Il suo moto ondoso è lo stesso del mare e della folla, che armoniosamente occupa i tavolini dei caffè, i marciapiedi davanti ai palchi dove si suonano bossanova o standard di jazz, le scale del museo civico. La sua intesa col vulcano dirimpetto – gli occhi semichiusi, assorto nel nero – è totale.
La notte bianca ha denti d’argento: sono quelli della statua A , il guerriero il cui bronzo arde silenziosamente in un movimento potenziale che logora i secoli. Svuota l’aria tutto attorno a sé, nella notte bianca in cui il museo è illuminato a giorno, e pieno come per un ricevimento. Ha lo sguardo crudele e perfetto, un segreto sigillato per sempre sulle labbra in lega rosa, come i capezzoli.
La notte bianca ha ciglia d’avorio, come la statua B . E’ lo stesso guerriero, invecchiato di trent’anni e un mondo: la prova di come l’uomo possa essere la sezione aurea dell’universo. Guarda un poco di sbieco il suo compagno, dall’alto del basamento antisismico, raccomandandogli un silenzio dell’orgoglio che noi non possiamo capire. No, non per paura degli dèi: gli dèi di prima sono diffusi nell’ombra delle agavi, dei gelsomini notturni, dei pini mediterranei. Gli dèi di prima sono disseminati in cocci nelle vetrine del museo, raccolti in certe patine dense, nascosti nei segni di scongiuro durante la processione.
Gli dèi segreti, invece, stavano nella cera persa, nel pennello sottile del ceramista, in un ritmo di trimetri giambici, nei crateri di vino colore del mare: quelli sono ancora qui. Si possono vedere nelle vene in rilievo dell’avambraccio, nell’ombra della fossa iliaca, nel tendine. Una misura di tutte le cose.
Ma le foto sono le tue? Se sì, significa che quoque tu sei stata rapita dalla notte bianca rriggitana?…
sono stata rapita, io quoque, ma non so fotografare alcunché: sono immagini di repertorio, epperò funzionano. eccome.
Significa che viviamo in un bel posto (e quasi ce ne stupiamo continuamente) e per difenderlo da chi lo vuole offendere domani, ci sarà un festoso concerto NO-PONTE.
Su blogstretto dettagli e musiche.
ciau brioschina!
Sono immagata, non so che virus prendere tra quelli morbinosi e intriganti che hai lasciato, in una sciamanica scia, col post precedente.
C’è stato un tempo in cui si arrivava con le navi a remi e a vela, portando spezie, sapori, profumi di Siria e vasi di Grecia e fumava l’Etna, fucina di Efesto, come fuma anche ora,
e la Sicilia era paradiso terrestre di fiumi e grani, meraviglia delle genti elleniche:
si distendevano i nervi sugli scogli di Ortigia, sognando il percorso meraviglioso, misterico e sotterraneo di Aretusa e la sua unione fatale con Alfeo.
Il ponte era cosa alata, immagine mentale se non alimentare di capre, pesci, colombe e gabbiani.
e Vincent beveva un assenzio
e sognava ponti fantastici
verso il cuore di Paul
mentre in cielo esalavano lumi finali
farolit, ho una paura matta che ce la facciano, a contraddire i secoli e gli dèi.
naima, il cuore è sempre un po’ agrume, ahinoi.
cf051, il ponte alato e zoomorfo mi piace da morire: si può vederlo ancora, certe notti. Vincent aveva i globi delle stelle che esplodevano nella mente, come l’assenzio. quel dolore si sente distintamente ancora, in ogni giallo.
cara amica, leggere queste tue pagine – anche in ipertesto – è sempre un piacere, purtroppo questa moderna generazione di stenografi disconosce il valore delle parole e quante generazioni di immersioni successive nell’acido della vita siano costate, bonjour NM
ogni tanto, mi faccio raccontare dal mio amico francesco la vita di reggio. non l’ho mai visitata. /// “…Al pomeriggio la corriera / la sento arrancare / mi siedo sopra un muro / per guardarla ripartire / Senza me…” ___g___
ha ancora ragione, le immagini sono testo, il testo immagine
per questo racconto ti ringrazia mia madre.
demetrio
Contesto: il testo si arrende se mi porta all’immagine. Gli dèi hanno gli occhi stanchi?
Sì, sono belle anche le foto, ed è bella tutta la Magna Grecia.
Se non fossi il cinico scettico che sono e fui, mi sentirei di sprofondare in un’età dell’oro in cui si era la misura di ciò che è e ciò che non è.
C’è fascino in queste notti bianche,notti che sembrano regalarti le città, chissà perché. Quasi non fossimo capaci di guardarle con scelta nostra e privata. Ma forse non sarebbe la stessa cosa. Allora ben vengano queste luci che allargano gli sguardi. Andrò alla notte romana,spero,e cercherò di guardarla con occhi diversi.
Un saluto pressocché in contemporanea…
NM, il bagno d’acido, la cera persa: ce ne vuole, per forgiare e riforgiare il materiale effimero che siamo.
Giovanni, a Reggio, come in altre città del sud, la vita spesso è nascosta a se stessa.
Herr Effe, e tutti e due tramano contro (con) di noi.
demetrio, mi incuriosisce questa cosa: hai sangue colore del mare e del vino, per caso, nelle vene?
Giocatore, gli dei hanno certamente occhi di pietra candida. Amano esprimersi in immagini, che variamente cerchiamo di fermare: una delle migliori fenomenologie dell’immagine è la parola.
aitan, le età dell’oro luccicano sempre un poco dopo (per quanto, quando ho letto Plutarco su Pericle, e sulle opere di quell’età, che erano un’infinita provvista di giovinezza…)
anonimo romano, le città private non sono esattamente quelle. le città – che, essendo fluide, cambiano spesso di forma e densità – delle notti bianche sono essenzialmente condivise.
sette, mi piace quest’incrociarci al buio. fa parte del fascino di questo posto.
mia madre è del gebbione, dove vivono ancora i miei nonni: anche se credo lei sia nata a saracinello.
demetrio
m’ha colpito il pennacchio del vulcano che corre orizzontale.
Anch’io, Giocatore, ho avuto la medesima sensazione. Ma questo è un blog.
Gebbione, un mondo di case gialle e cortili che ora è diventato un’altra cosa.
Tez, che ci vuoi fare, è un vulcano pigro e femmina.
Gretsch, il testo è un combattente: non si arrende mai. Il testo è un virus, e contamina tutto.
Signora, il suo, di testo, è un combattente nato. Getta il cuore oltre l’ostacolo, e se non trova ostacolo lo crea. Io sto nelle retrovie.
Cara brioscina… le paure vanno affrontate.
🙂
Anna delle Brioches, vorrei che tu vedessi una delle nostre notti bianche.
In questo momento c’è quella giusta.
Scrivo con la luna a portata di tastiera, tagliata in obliquo, sopra le robinie.
Non ci sono dei dichiarati, ma supplenti fuochi d’artificio, lontani, e l’odore dei fiori della nicotiana. Speziati, in fondo.
Si potrebbe camminare e camminare in questa notte chiara.
Un saluto.
Vivrai il viaggio, per scappare, per scoprire, per ritrovarti… per
perderti. Godrai della poesia senza la quale vivresti lo stesso ma
peggio. Sarai accompagnato dal refrain della vita tra le note migliori. Dall’Agorà un occhio disincantato ti mostrerà come si gioca su di noi.
Tra mille storie troverai quella da ricordare. Avrai modo di non
dimenticare mai niente, nessuno… tutti. Sarai circondato da pittura, scultura, architettura e fotografia, tutto ciò che rende l’abitudine al
bello un vizio. I fatti rincorreranno le parole per offrirti tutto ciò
che è attuale. Potrai scegliere se andare al Cinema o viverlo da casa.
Scoprirai la parte robotica che è in noi. Vivrai vite come brandelli ricomposti di un puzzle umano. Libererai il tuo eros scoprendo che godere
è vivere. Questo è un invito,semplicemente, senza pretese e in tutta la blogsfera si muove ormai. L’evento che segna la nuova era nel mondo dei blog sta per aprire le magiche porte. Data dell’apertura: giovedi’ 15 settembre alle ore 21 e 30.
Ti aspettiamo.Lasciati tentare. E’ gradito l’abito da sera. Grazie.
LA REDAZIONE (http://blog.virgilio.it/postselezionati)
Gretsch, grazie per l’incoraggiamento, ma temo che il mio testo sia, fondamentalmente, un disertore.
Farolitina, non so. Le paure a volte è meglio nasconderle molto molto bene (che dici di un post – dei tuoi, sondaggiosi e sondosi – sulla peggiore paura?).
Col, quelle notti chiare, un po’ oblique e speziate sono dolci, e lontane dal bagliore accecante e bianco delle notti accese e condivise a migliaia. Ma mi piacerebbe camminarle, per una volta (mi sto autoinvitando a cena, praticamente).
angelikaramella, non ho ben compreso, ma nel dubbio stiro l’abito da sera e mi ripasso il rimmel.
Chi veglia in queste padane notti bianche, e invita alla condivisione delle medesime, trova subito consensi. Insomma, chi non dorme piglia pesci (anche quelli strani, come i pesci disertori, che si credevano infrattati chissà dove).
mi piacciono molto la foto dei palazzi e quella dello stretto.
qui da noi, a nord est, la notte si fa fresca e silenziosa.
Nel giardino, l’albero di fico, dopo aver nutrito sciami di moscerini, sta cominciando ad accartocciare le foglie.
oggi sole.
promette bene.
ciao